Regia: Andrea Cramarossa
Drammaturgia: Adattamento del testo: Andrea Cramaroosa
Attori: Canto della scena: Federico Gobbi
Altri crediti: Canto delle vesti: Silvia Cramarossa Canto delle videovisioni: Zerottanta Produzioni Canto della documentazione: Maria Panza
Parolechiave: Dostoevskij, La mite, incomunicabilità, relazione, monologo interiore
Produzione: Teatro delle Bambole
Anno di produzione: 2021
Genere: Prosa Performance
La protagonista della storia, la mite del titolo, si trova a raccontarsi per bocca d’un marito che non di dà pace, mentre resta proprio lì, accanto al corpo della morta suicidatasi da appena cinque minuti e quel “filo rosso di sangue” che, ormai raggrumato, le segna la bocca, unica traccia di una smorfia di libertà in una foresta di claustrofobiche incomprensioni. E, man mano che la fabula si svolge, ecco che la donna prende il posto dell’uomo che si arrovella il cervello per questa infame violenza di sguardi ficcanti e pungenti, compassionevoli e verecondi, sulla scoperta inaudita del corpo dell’amata scagliato su appuntiti e casuali cinque minuti di ritardo. Solo cinque minuti e l’avrebbe salvata. L’avrebbe salvata? L’ennesimo interrogativo si unisce alla già congrua geldra di domande senza risposte, una ad una in schianto contro lo sguardo di “severa meraviglia” che ha dissolto il loro amore di marito e di moglie, sposi per “caso” e per “istanti”, adoranti del corpo dell’altro in tempi asincroni, assieme all’insostenibile spazio lasciato inabitato dalla moltitudine di parole stracciate e appese nell’atrio d’una taciuta vergogna: l’inutile tormento d’un arrogante silenzio.
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