Regia: Enrico Messina
Drammaturgia: Daria Paoletta, Rita Pelusio, Enrico Messina
Attori: Daria Paoletta
Altri crediti: costume Lisa Serio sarta Lucia Caliandro spazio scenico, suono, luci Enrico Messina
Parolechiave: mito, donna, madre, figlia, contemporaneità
Produzione: Armamaxa Teatro/PagineBiancheTeatro e Giallo Mare Minimal Teatro
Anno di produzione: 2024
Genere: Prosa
Il titolo di questo spettacolo già ne racconta il punto di vista. Abbiamo scelto di riscrivere uno dei miti fondanti della nostra cultura, quello del ratto di Proserpina, con gli occhi di una madre sola. Anzi con gli occhi di una donna che è stata figlia di una madre sola. E di affrontare con una consapevole, leggera e sferzante ironia il dolore di una perdita e lo scoramento di una separazione che è, allo stesso tempo, la nascita di una nuova stagione. Così è venuto a delinearsi il profilo di una donna che, di fronte al torto subito dalla figlia, si mostra fragile, insicura eppure determinata, disperata e rabbiosa nel suo tentativo di riparare l’ingiustizia, per ritrovarsi, infine, prigioniera lei stessa di una violenza che non genera altro che violenza.
A condurre il racconto l’attrice e autrice che, nel vestire i panni ora di Cerere, ora di Proserpina, riporta il mito alla propria esperienza di vita e ce lo rende prossimo, vicinissimo, permettendoci di rielaboralo, metabolizzarlo e riconoscerlo.
Perché a ciascuna delle nostre vite il mito ha dato forma e nel racconto delle vicende di questi dei, dal carattere così fortemente esasperato, possiamo ritrovare la nostra personale, più intima eppure collettiva, storia di donne e di uomini, di figlie e di figli.
La scrittura compone dunque una narrazione dal ritmo incalzante e tempestoso, densa di ironia, capace di affondare nelle radici del mito per riaffiorare ai giorni nostri e parlare con lucida consapevolezza all’animo umano.
La messa in scena dello spettacolo è essenziale e si compone in uno spazio, che richiama, omaggiandolo, l’universo teatrale di Peter Brook, ed è segnato da un tappeto assai consumato, in cui però sono ancora leggibili tracce della trama del disegno orientaleggiante e rosso scuro. Al centro campeggia un trono stilizzato, in legno nero, intorno a cui l’attrice, con il conforto di luci che compongono gli spazi cangianti della storia, e di suoni che ne segnano con delicatezza gli snodi accompagnandone l’evoluzione emotiva, si muove con una gestualità nitida, necessaria e mai ridondante, per lasciare spazio all’incedere impetuoso di questa storia così prepotentemente contemporanea.
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