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ILVA FOOTBALL CLUB

Usine Baug
Regia: Usine Baug e Fratelli Maniglio
Drammaturgia: Usine Baug e Fratelli Maniglio
Attori: Claudia Russo, Ermanno Pingitore, Stefano Rocco, Luca Maniglio, Fabio Maniglio
Trailer: Link
Anno: 2023
Adatto a: per tutti
Premi: Progetto Cura 2022


Generi: Prosa, Altro

Tags: Ilva, Taranto, calcio, teatro civile, sostenibilità ambientale

Nel 2022 un rapporto dell’ONU definisce "Zone di sacrificio" quei luoghi ritenuti sacrificabili in nome del profitto, del progresso o della produzione di beni di consumo. Queste "rappresentano la peggiore negligenza immaginabile dell'obbligo di uno Stato di rispettare, proteggere e realizzare il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile”. I bambini in particolare sono i più vulnerabili agli effetti negativi dell’esposizione all’inquinamento e alle sostanze tossiche, con una stima che indica oltre 1 milione di morti premature tra i bambini sotto i 5 anni.
C’è la “via del cancro” in Louisiana. La discarica di Pata Rât in Romania. Le miniere di piombo a Kabwe in Zambia...
E Taranto, dove l’acciaieria più grande d’Europa continua da 60 anni ad avvelenare l’aria, l’acqua e la terra.
Ma Taranto è anche altro, non è solo Ilva, non è solo zona di sacrificio. Vicino alla fabbrica, contro i suoi muri c’è una città, una città come tante con le piazze, le scuole, i parchi, le case e le persone che ci vivono dentro. E dentro a quelle case c’è chi lotta e chi accetta, chi non può fare altro e chi ci prova, chi abbassa lo sguardo, chi non vuole parlarne e chi invece non la smetterebbe più. Ci sono sogni, vicoli ciechi e contraddizioni. E poi in fondo alla strada, tra le case e la fabbrica c'è un campo, un campo da calcio.
La nostra storia comincia così.

"C’era una volta un campo da calcio in mezzo al quartiere, uno di quei campi di periferia che ti segnano le ginocchia per tutta la vita, quelli con le porte fatte di tubi innocenti, le reti rubate ai pescatori e lungo la recinzione metallica distese di mozziconi spenti a fare compagnia ai tifosi. Quelli dove tutti, o quasi hanno sognato di diventare calciatori. In quell’arena per gladiatori, giocava una squadra di undici uomini, che scendevano in campo senza pretese e che non sospettavano per niente del destino che li attendeva. Questa è la storia di una cavalcata incredibile, di un gol impossibile all’ultimo minuto e del sogno chiamato ILVA FOOTBALL CLUB".

Attraverso la narrazione calcistica, il dispositivo del gioco, atmosfere oniriche, testimonianze reali e trasfigurazione fiabesca, ILVA FOOTBALL CLUB intreccia la storia della più grande acciaieria d'Europa con la leggenda di una piccola squadra di calcio nata proprio sotto le ciminiere dell'Ilva per dare voce alle tante storie vissute al Taranto. Storie di lotta tra salute e lavoro, tra speranza e disillusione, tra sogno e realtà.
Il rosso delle polveri, il nero lucido delle cozze, le maglie da calcio che brillano come l'acciaio, i suoni incessanti degli altoforni, il fumo grigio che invade il paesaggio, le luci della fabbrica di notte. Una composizione scenica basata su movimenti, colori, materiali, luci e suoni per raccontare Taranto e la sua storia. La storia di una città sacrificabile, una tra le tante, una storia che ci riguarda molto più di quanto immaginiamo.

Altri crediti: Luci e tecnica: Emanuele Cavalcanti
Con il sostegno di Idra Teatro e TRAC centro residenza pugliese nell'ambito del progetto CURA 2022

Produzione: Campo Teatrale
Usine Baug

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Usine Baug nasce nel 2018 dall’incontro artistico di Ermanno Pingitore, Stefano Rocco e Claudia Russo. La loro prima creazione CALCINACCI arriva in finale al premio Scenario 2018 includendo nel progetto Emanuele Cavalcanti, light designer, che diventerà parte integrante del gruppo. Stefano, Ermanno e Claudia provengono da percorsi artistici diversi ma si ritrovano nella pedagogia Lecoq, studiando a Parigi e Bruxelles. Questo percorso influenza notevolmente il processo artistico del gruppo, che si basa sull’improvvisazione e sulla creazione collettiva, dove esperienze e punti di vista si incontrano per esplorare e raccontare la complessità del mondo circostante. Usine Baug fa convergere teatro fisico, narrazione e teatro visivo per trasporre la realtà con poesia, sarcasmo e ironia.I nostri spettacoli sono tutti frutto di una creazione collettiva: non sappiamo dire chi li ha scritti, chi ha avuto l’idea, chi l’ha sviluppata. Quello che vedrete in scena viene dalle nostre esperienze, dai nostri corpi, dalle nostre teste, ma anche dalle decine di persone che abbiamo incontrato, dai libri letti, da una quantità indescrivibile di concetti, ricordi, pensieri sommersi nell’inconscio e che risalgono a galla sotto forma di attitudini fisiche, personaggi, ritmi, parole. Poi c’è l’elaborazione di tutto questo, le giornate in sala prove o al telefono o intorno al tavolino di un bar: quando arriviamo, ognuno con le sue proposte, e ce le scambiamo, quando le idee cessano di essere mie o tue e diventano nostre perché tutti ci mettono la mano. È la compagnia che sceglie, rielabora, corregge, devia, deforma quegli spunti iniziali e ne fa qualcosa di altro, a volte simile all’idea di partenza, altre volte completamente irriconoscibile, tanto che spesso ci chiediamo: “dove viene questo personaggio? Chi ha avuto quest’idea?”. La risposta ovviamente non la troviamo.Abbiamo scelto di lavorare così un po’ perché, spesso, nella nostra formazione abbiamo lavorato collettivamente e questa abitudine ci si è scritta dentro con tutti i suoi pregi e i suoi difetti; un po’ perché ci sembra che quattro persone (se riescono a sopravvivere agli scazzi, ai conflitti, alle residenze artistiche, ai Doodle, agli Skype di lavoro, alle discussioni interminabili e alle questioni di principio) possano trovare qualcosa di più interessante, di più sfaccettato, di più sorprendente che una sola. Quando scriviamo, ognuno di noi si ritrova spesso a girare intorno a pochi concetti che in quel momento gli sembrano geniali poi, tutto quello che è uscito da uno di noi, viene portato agli altri; che lo prendono, lo smontano, lo modificano e lo rimontano. Quel che ne esce è contaminato da tanti punti di vista, è colorato dai diversi modi di esprimersi, è modellato dalle diverse intuizioni: è nostro, non è più mio o tuo (e forse non lo è mai stato).
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