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Yukonstyle

BiTquartett

Genere Prosa
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Regia: Gabriele Paupini

Drammaturgia: Sarah Berthiaume - traduzione di Gabriele Paupini

Attori: Marianna Arbia Marco Canuto Lorenzo Terenzi Benedetta Rustici

Altri crediti: Aiutoregia Francesca Zerilli

Parolechiave: nuova drammaturgia, teatro canadese, testo inedito

Produzione: BiTquartett in coproduzione con Teatro Studio Uno

Anno di produzione: 2018

Genere: Prosa

GARIN meticcio. Figlio di Dad’s e di Goldie. Coinquilino di Yuko.
YUKO giapponese in esilio nello Yukon. Coinquilina di Garin.
KATE ragazzina vestita secondo la moda harajuku che attraversa il Canada in pullman.
DAD’S padre di Garin.
JAMIE canadese di Swift Current.
GOLDIE madre di Garin, nativa americana.

I personaggi di questo testo, per scelta o per circostanza, si sono ritrovati lontani dai propri mondi di appartenenza e allo stesso tempo sono essi stessi emblemi delle culture da cui provengono. È così che le tradizioni giapponesi si mischiano col disagio sociale dei nativo-americani, con le avventure on the road delle nuove generazioni e col lassismo delle vecchie. Quattro solitudini che si confrontano e si scontrano sullo sfondo di un luogo mitico, al confini con l'Alaska: lo Yukon. Uno spazio nel quale ci si può perdere completamente, per ritrovarsi, decontestualizzati, in mondi altrui: quelli dei propri compagni di viaggio.
Intanto, sugli stessi binari del qui ed ora, viaggiano storie del passato e fantasmi del futuro: la storia di Goldie, prostituta squaw scomparsa negli anni 80, quando il serial killer Robert Pickton cominciava il suo massacro; la storia di Jamie, operaio che tornando in autobus verso casa mette incinta Kate. I fantasmi del futuro sono invece gli stessi Garin, Yuko e Kate che interrompono la linea narrativa per mettere il pubblico a parte di ciò che non si vede o che essi stessi ancora non sanno. E se il qui ed ora viene reso dalla Berthiaume attraverso un linguaggio diretto e spoglio, quasi fossimo in una sit-com, gli a parte dei personaggi onniscenti hanno un’altra lingua, quasi poetica, e sulla scena aprono varchi verso mondi immaginari, fatti di ricordi spezzati, di buchi di trama, di possibilità mancate e di futuri ancora irrealizzati. Sono i desideri e sono gli incubi, la solitudine e il bisogno di comunione.
E poi c’è lo Yukon, un quinto compagno di scena, una terra selvaggia e inospitale, che assurge al ruolo di specchio di queste umanità. In Yukon non si vive, ci si perde. Larger than life recita lo slogan sul volantino che convince Kate a salire fin lassù, ai confini del mondo. Lì dove i problemi quotidiani perdono senso, avviluppati in una natura più grande dell’uomo, proprio lì, dove si rischia di perdersi, forse si può ritrovare qualcosa di se stessi. Così, quel luogo che potrebbe essere salvezza può trasformarsi in una gabbia in cui si rimane intrappolati, dove i mostri della mente, in un attimo, possono evocare gl’ incubi più paurosi: sono gli incubi di Dad’s, incubi di corvi che bruciano, incubi di puttane che sono morte, di puttane squaw uccise da chi si sentiva paladino della giustizia, da chi si gira dall’altra parte e non guarda quando chi è più debole viene schiacciato.
Un testo contemporaneo inedito in Italia, alla riscoperta dei luoghi e delle persone che si trovano solo nelle sit-com, nelle favole moderne.

Informazione riservata agli Organizzatori

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