Regia: Pablo Solari
Drammaturgia: Emanuele Aldrovandi
Attori: Luz Beatriz Lattanzi Marcello Mocchi Matthieu Pastore Daniele Pitari
Altri crediti: scene : Maddalena Oriani e Davide Signorini sound designer: Alessandro Levrero grafica locandina: Francesco Lampredi
Parolechiave: Immigrazione, migranti, container, balene, wikipedia
Produzione: Centro Teatrale MaMiMò
Anno di produzione: 2016
Genere: Prosa
LA TRAMA In un futuro non troppo lontano la crisi economica – che invece di finire si è aggravata – ha trasformato l’Europa in un continente di emigranti. I cittadini europei, alla ricerca di un lavoro e di un futuro migliore, cercano di raggiungere i paesi più “ricchi”, ma devono farlo clandestinamente perché questi paesi, nel frattempo, hanno chiuso le frontiere.
Fra i tanti mezzi per espatriare illegalmente uno dei più diffusi è il container: i clandestini salgono a bordo, pagano mille dollari alla partenza e mille all’arrivo, senza sapere dove verranno scaricati.
I personaggi di questa storia sono quattro e non hanno nome, sono identificati dalle loro caratteristiche fisiche: il Robusto, la Bella e l’Alto sono i tre migranti e il Morbido è il proprietario del container. Partendo dal presente e immaginando un possibile futuro, il testo s’interroga sulla migrazione, sia come fenomeno politico che come evento naturale.
NOTE DI REGIA Davanti al catastrofico numero di morti che con cadenza quotidiana sono cronachisticamente raccontati dai telegiornali, il sentimento più diffuso è un comune senso di smarrimento e lontananza, un’impossibilità di comprendere sino in fondo l’entità del fenomeno migratorio, le sofferenze e le disgrazie da esso provocate.
La società sistematica e telematizzata in cui viviamo ci ha abituato a questo senso di “indifferente consapevolezza”, ma cosa succederebbe se da un momento all’altro fossimo noi i migranti, i protagonisti di questa tragedia dalle connotazioni ancestrali?
Scusate se non siamo morti in mare formalizza questa domanda attraverso la sapiente creazione di personaggi dal sapore realistico di grande empatia universale: portatori di speranze, di illusioni e fallimenti. La struttura drammaturgica eleva i temi portati dai personaggi e dalla storia attraverso una solida struttura filosofica fatti di continui “giochi” teatrali, su tutti: dinamiche servo-padrone; distruzione delle unità spazio-temporali; eros – thanatos; conflitti intellettuali; cambi di genere e di registro; sviluppo di circostanze estreme come morte, fame, terrore e infine cannibalismo.
Lo spettacolo avanza verso un finale catartico: l’arrivo delle balene, simbolo universale di migrazione e del mondo naturale. Un finale dal sapore metafisico che si lascia dietro ogni vera tragedia, come a dire che la vita nel fondo delle cose, nonostante ogni mutamento delle apparenze è indistruttibile nella sua potenza e nella sua gioia; balene come un coro di esseri di natura, che vivono per cosi dire indistruttibili a ogni civilizzazione e che rimangono sempre gli stessi nonostante l’avvicendarsi delle generazioni e i mutamenti delle storie dei popoli.
“L’essere umano è l’animale nomade per eccellenza, le attuali razze sono il frutto di miscugli millenari, nel sangue italiano scorre tanto DNA africano quanto indoeuropeo. Accettare la migrazione come fenomeno naturale necessario è il primo passo per rivendicare con orgoglio il nostro essere umani”.
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