Regia: Adriana Follieri
Drammaturgia: Adriana Follieri
Attori: Dora De Maio Cynthia Fiumanò Fiorenzo Madonna Nello Provenzano Rino Rivetti e con i non attori anziani Anna Bismuto Teresa De rosa
Altri crediti: Aiuto regia: Claudio D'Agostino | Fabio Cotone Dramaturg: Francesco Nappi Disegno luci: Davide Scognamiglio Costumi: Lucia Votoni Scene: Eugenio Picardi | Lab Art&Craft Coordinamento generale: Barbara Nardacchione Foto di scena: Daniele D’Ari Immagine di locandina: Andreas Zampella Video: Fabrizio Botta
Parolechiave: Caino, Abele, anziani, giovani, riti di passaggio
Produzione: MANOVALANZA in collaborazione con EX ASILO FILANGIERI
Anno di produzione: 2013
Genere: Prosa Teatro-danza
Lo spettacolo MatriMoro è il frutto di un progetto di ricerca sui riti di passaggio (matrimoni e funerali) iniziato da Manovalanza nel luglio 2012 e rivolto ai giovani attori e danzatori del Sud Italia e alla generazione dei loro nonni. Facendo confluire nel percorso creativo i diversi settori di teatro, danza, fotografia, video documentario, antropologia e lavoro sul campo, siamo arrivati alla definizione di un prodotto artistico articolato che vede integrarsi sulla scena giovani attori professionisti e Non attori anziani.
Sulle trame (an)affettive mutuate dalla storia biblica di Caino e Abele si districano i nodi delle molte domande nate dalla ricerca: la vicenda divina diventa vicenda umana, quotidiana storia di una famiglia e degli amori, delle crisi, dei tradimenti e dei riconoscimenti che al suo interno si consumano; la famiglia diviene luogo di contenimento degli individui e dei personaggi prima e dopo il loro passaggio nel fuori, mondo in cui non si trova posto, mondo precario.
Lo smarrimento dell’uomo che si affaccia al mondo, Caino segnato e condannato ad errare, ci accompagna nel tentativo di riconoscere un capro espiatorio che sia altri da noi: qual è il mio posto nel mondo? Perché il mio sacrificio non è gradito? Chi sta facendo, adesso, la parte di Dio?
Forse Abele, figlio capace di doni graditi a Dio, somiglia ai nostri nonni; forse Caino siamo noi.
Così misteriosamente colpevoli ci ritroviamo a scoprire il piacere di una profonda assoluzione che
sia perdono, che sia un dono che non chiede grazie in cambio.
Come mare in balìa della sua stessa forza dirompente, lo spettacolo racconta i riti di passaggio dell’umano nel suo tentato rapporto col divino, in una serrata commistione di generi, estetica vitale di forma che sa continuamente comporsi e negarsi.
"Mi affido ai sogni ricorrenti. Quando il giorno non basta più a contenere le visioni, lascio che sia la notte a illuminarle. La risacca che avanza_lenta_incalzante_che puntualmente si ritira_un certo soffocamento rituale_ripetuto_di andirivieni in crescendo_di onda che si fa cavallone e mi investe_risucchia_avvolge in ampia bolla d’aria_dentro cui respiro a meraviglia." Adriana Follieri
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