Regia: Emilia Guarino
Drammaturgia:
Attori: danzatori: Federica Aloisio, Roberto Galbo, Federica Marullo, Sabrina Vicari
Altri crediti: Musiche originali di Daniele Crisci Luci di Gabriele Gugliara Costumi di Emilia Guarino
Parolechiave: desaparecidos, madres, potere, solidarietà, coraggio
Produzione: Pettifante/Diaria
Anno di produzione: 2014
Genere: Danza Teatro-danza
Argentina 1976, dittatura militare. 30.000 persone scomparse.
Questo spettacolo è per ricordare, per sapere. Le Madri non hanno mai smesso di cercare. Poche hanno riavuto i corpi, molte hanno pianto nelle stanze vuote, senza una casa per mettere a riposo il dolore.
Il movimento coreografico nasce dalla percezione tattile e dall'ascolto. Nessun movimento è nato gratuitamente, ma è sorto in modo necessario e vincolato alla storia.
Questo spettacolo è partigiano, non ha uno sguardo neutro, prova a mettersi nel corpo di chi c'era e dichiara il suo posizionamento, che lo colloca in un prospettiva avversa ad ogni autoritarismo, che schiaccia il diritto di uomini e donne di immaginare un'alternativa, ad ogni potere economico e politico che per conservare se stesso e gonfiare le sue tasche ha affinato i suoi strumenti di annientamento.
Il potere è rappresentato in modo grottesco e vagamente animalesco, incarnato da personaggi mossi da ragioni esterne, mai interiori. I personaggi rappresentano il potere militare, il potere politico ed economico ed il potere della chiesa: tutti i poteri che hanno concorso all'ascesa e al mantenimento della dittatura argentina. Ciascuno di loro ha una personalità complessa seppure stilizzata: il militare è spietato, eppure istupidito dagli ordini, o ancora ripugnante come un maiale de La fattoria degli animali di Orwell; il politico ha un sorriso posticcio per presentarsi al pubblico, ma sotto un'anima avida e animalesca; l'uomo di chiesa è circospetto e pronto all'obbedienza, ma capace di minacciare e tradire.
Le madri si scontrano con il muro di gomma delle domande prive di risposta e delle ricerche vane e ne sono dapprima prostrate, il dolore della perdita dei figli è un dolore incommensurabile. Eppure, trovano nella possibilità di camminare insieme e nella lotta comune per la verità un sostegno e una consolazione fortissimi. Nel costruire questo pezzo ho cercato le loro parole e le loro immagini, nei libri, nei video, nel loro inarrestabile lavoro per raccontare al mondo la loro storia.
I figli sono i giovani prigionieri che vengono torturati, violentati e poi lanciati vivi nell'oceano. Il loro tempo nelle prigioni segrete è fatto di una paura che con fatica posso immaginare, ma dalle poche testimonianze dei sopravvissuti, so che in loro è rimasta sempre la forza di farsi coraggio l'uno con l'altro e di volersi bene. Per questo la loro morte è vitale e potente, per rendere omaggio alle loro anime generose e piene di speranza.
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