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Barrani. La doppia assenza

Corps Citoyen

Genere Performance
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Regia: Anna Serlenga

Drammaturgia: Tolja Djokovic

Attori: Rabii Brahim, Manuel D'Onofrio

Altri crediti: a project by CORPS CITOYEN with: Rabii Brahim, Manuel D'Onofrio direction: Anna Serlenga dramaturg: Tolja Djokovic choreography: Hafiz Dhaou and Aicha M’Barek light design: Manuel D'Onofrio music: Manuel D’Onofrio e Rabii Brahim dramaturg: Tolja Djokovic, Rabii Brahim e fragments freely taken from Bayo Akomolafe, Anna Akhmatova, Mahmoud Darwish, Niccolò Macchiavelli, Forough Farrokhazad costum designer: Lucia Gallone production: Alessandra Di Pilato Producers/co-producers: CORPS CITOYEN, BASE Milano, Operaestate; Milano Mediterranea with the support of Archive Milano e Zona K

Parolechiave: diaspora, ricerca sonora, identità, poesia

Produzione: CORPS CITOYEN, Base Milano, Operaestate festival

Anno di produzione: 2024

Genere: Performance

In Siria ero un francese, in Francia ero un arabo con un nome strano.
Riad Sattouf, L'arabo del futuro: una gioventù in Medio Oriente (1978-1984)

La presenza dell’immigrato è sempre una presenza segnata dall’incompletezza, è colpevole in sé stessa.
E’ una presenza fuori posto [déplacée] in tutti i sensi del termine.
Abdelmalek Sayad, La doppia assenza

Fuori luogo, a-topos, déplacée. Una presenza fuori posto, “ sempre nel posto sbagliato” nelle parole di Edward Said, che non trova spazio né all’origine né all’approdo. Questo essere a-topos secondo Abdelmalek Sayad è una delle caratteristiche ricorrenti dell’esperienza migratoria, che configura una percezione di sé nella “doppia assenza” tra il luogo d’origine e quello di approdo: lo sradicamento e l’assenza dal Paese, il bled, accompagnata dal sentimento, sull’altra riva del Mediterraneo, che una volta “arrivati" in Europa, non si è mai interi da nessuna parte.
Né qui né altrove.
Dove siamo, non siamo noi stessi; dove eravamo, non siamo più .
Tutti noi, persone che hanno attraversato una diaspora, cerchiamo quello che abbiamo lasciato di noi stessi nel nostro Paese d’origine, senza trovarlo qui, nel Paese d’arrivo. Non siamo né qui né lì, intrappolati tra due lingue, due culture, passato e futuro, alla ricerca di uno spazio identitario, che è invece presente e altro, e che continuamente oscilla tra i due poli.

Barrani in tunisino è lo straniero, letteralmente “quello viene da fuori (el barra)”, chi ha intrapreso il viaggio verso l’Europa.
A tutti noi, generazione della diaspora, cittadini europei non nativi, è dedicato questo lavoro di ricerca, un interrogarsi, individuale e collettivo, sulla partenza e sull'arrivo, sul desiderio e sui suoi limiti, sul qui da costruire e sul là come memoria, un presente nostalgico e un futuro pensato come un ritorno al passato. Stabilità , mobilità , cosa porto con me e cosa lascio indietro. Nostalgia, esilio, la lingua madre sono alcuni dei colori di un viaggio in un tempo non lineare, dove la presenza è duplice e connessa, la memoria un rifugio e il corpo un archivio di ritualità gestuali che fanno casa.

Un lavoro di ricerca, indagine, che sviluppa nello spazio del performativo un luogo di creazione e riscrittura: attraverso un sistema di
produzione sonora che procede per riverberi ed echi, Barrani è una performance - concerto dove danza, parola poetica e multimedialità
permettono una nuova scrittura per sé , tra presente, passato e futuro, in uno spazio terzo e mediano che è tra i due poli del viaggio e che non esiste se non nel tempo della performance: lo spazio della narrazione.

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