Regia: Cosimo Colazzo
Drammaturgia: Giuliana Adamo
Attori: Roberto Abbondanza, L'Inquisitore (baritono) Patrizia Zanardi, Francisca (soprano) Giuseppe Calliari, voce recitante MP Saxophone Quartet: Emanuele Dalmaso (sax soprano); Mattia Grott (sax contralto); Filippo Corbolini (sax tenore); Simone Dalcastagné (sax baritono) Direttore Cosimo Colazzo Regia video e live editing: Francesco Casu
Altri crediti: Montaggio e postproduzione video: Roberto Putzu Disegni originali Sean Sciacca
Parolechiave: Genere; Transizione; Diversità; Esclusione; Razzismo
Produzione: Associazione Culturale Piazza del Mondo
Anno di produzione: 2024
Genere: Teatroragazzi (14-18) Performance
Il libretto di Giuliana Adamo, liberamente ispirato al racconto di Maria Attanasio Correva l’anno 1698 quando nella città accadde il fatto memorabile (Sellerio 1994) racconta di una giovane contadina che, sul finire del sec. XVII, rimasta vedova, in miseria, opera una scelta coraggiosa, sfidando il suo Tempo che vietava lo spazio pubblico alle donne. Si taglia i capelli, una fascia al seno, va a lavorare alla giornata nei campi.
‘Francisca’ è, quindi, anche ‘Messer Francisco’: a seconda che agisca nello spazio domestico o in quello pubblico. È un homo-femmina, come si definisce lei stessa al cospetto di don Bonaventura Cappello, ultimo storico inquisitore di Caltagirone. La vox populi la inchioda al destino di “strega”. Ma Francisca troverà la forza e il linguaggio per rispondere all’Inquisitore difendendo la propria scelta. E lui si scoprirà capace di ascolto e la salverà.
I fatti narrati sono intrecciati alla verità storica dell’antica cronaca. Quello che colpisce è l’estrema attualità. Resistono oggi: emarginazione, razzismo, esclusione. Ma, anche, l’antidoto, difficile ma fattibile: l’umiltà, l’ascolto, il cambiamento.
Il libretto intesse la vicenda di Francisca con altri fili. Una polifonia di significazioni plurime che la composizione musicale di Cosimo Colazzo restituisce.
La drammaturgia dell’opera è costituita da un campo tensivo tra i tre profili vocali: soprano, baritono, voce recitante. Nelle prime tre scene, Francisca (soprano) è quasi silenziata dalla pressione vocale dell’Inquisitore (baritono) con le sue figure musicali-artiglio su una macchina ritmica inesorabile dei sax. La voce recitante, su figure semplici, essenziali, lega gli eventi, racconta antefatti, commenta, facendosi, a volte, partecipe delle cose.
Nella IV scena campeggia Francisca nella sua cella con un canto denso di valori espressivi, incurvato dal dolore ed espanso, accompagnato da una densa pasta sonora di testure avvolgenti. Fino al culmine drammaturgico quando transita oltre se stessa, entrando in una transe. Allora canta in lingua grika un moroloja (canto funebre) su uno sfondo di macchie sonore.
Quindi, con un taglio netto (V scena), irrompe l’Inquisitore che riprende l’interrogatorio. Ma qualcosa è accaduto. Il confronto, il duello vocale si fa più paritetico, mentre lui sta cambiando illuminato dal dubbio. Nella VI scena la voce recitante commenta, espressiva quando invoca la pietas verso i più deboli. Nella VII scena l’Inquisitore, su un fondo semplice di sax baritono, come una scala infinita, dà voce all’affiorare di una nuova visione di sé e dell’Altro. Digradare lento del potere, crepuscolo salvifico. Nell’ultima scena, il giudizio liberatorio. Una musica avvolgente e lenta compie le sue quiete curve, nella voce del baritono, insieme con il gruppo strumentale. Moto circolare e spiraliforme che si richiude verso il poco e il grave, svuotando al nulla il tessuto sonoro. Nessuna enfasi. Fine aperta. Una vita, nel silenzio, riprende il suo corso.
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