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Angelo della gravità, un'eresia

NoveTeatro

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Regia: Domenico Ammendola

Drammaturgia:

Attori: Leonardo Lidi

Altri crediti:

Parolechiave:

Produzione:

Anno di produzione: 2013

Genere:

Il testo vinse il Premio Speciale della Giuria al Premio Riccione 2001 ed è nato in seguito ad una notizia di cronaca:negli Stati Uniti,un detenuto nel braccio della morte era in attesa che la sua condanna venisse eseguita tramite impiccagione.L’esecuzione,però,era stata sospesa perché il condannato era grasso al punto che avrebbe spezzato la corda.Da qui l’idea di mettere in forma di monologo un fatto che,accostando in modo così bizzarro tragedia e paradosso comico,travalicava la realtà e si poneva nella dimensione del verosimile.La scelta è ricaduta su questo testo per due motivi:il primo,la sua grande forza drammaturgica che si sposa perfettamente con un’idea di teatro a noi vicina.La seconda,il grande impatto sociale di un testo che è di forte denuncia sociale e riflessione collettiva.Un monologo che va all’origine della personale ricerca registica di Domenico Ammendola e del sodalizio artistico con Massimo Sgorbani.E’ uno spettacolo in cui la regia accentua le immagini ricreando uno spazio asettico e un collage di emissioni sonore e luci,dando enfasi al progredire del tempo e alla potenza della parola come evento acustico.Una scenografia a cui l’attore si aggrappa per non lasciarsi trascinare dalla corrente della morte,una cella,un luogo qualsiasi davanti a Dio;e se non proprio davanti,di sicuro nelle Sue vicinanze.Non è la storia di quell’obeso,ma di un obeso,un uomo con problemi di disordine alimentare e di immaturità psicologica,un animo infantile intrappolato in un corpo cresciuto a dismisura.La sua sola consolazione è il cibo,un tempo ricevuto dalla madre,è il solo dono d’amore che lui conosca.E proprio inseguendo il cibo l’uomo approda nel paese da favola:gli Stati Uniti.Qui consuma l’efferato ma candido delitto per il quale viene condannato all’impiccagione.Il monologo è il resoconto che l’uomo fa delle sue vicende mentre attende l’esecuzione,nel quale il condannato a morte costruisce la sua cosmogonia:cresciuto nel culto delle merci e della televisione,disegna una delirante concezione dell’ordine morale nella quale la pornografia coincide con l’agape e l’indigestione con l’eucaristia.Con questa fede l’obeso approda alla visione celeste degli angeli della gravità che grazie alle loro ali vincono il peso della materia e si elevano verso Dio.Nella certezza di entrare nella schiera degli angeli,il condannato affronta con serenità la sua morte e si consegna a una paradossale e autentica santità.Recensioni“La regia attenta e misurata di Ammendola sottolinea i passaggi di tempo e spazio,ricorrendo ad un suggestivo gioco di luci e suoni diffusi,traccia una linea di percorso su tematiche sempre attuali,accogliendo in un bianco immacolato una parola teatrale che ha fame d’amore.Una parola scenica che scorre come un fiume in pena.E l’angelo che era in scena,Leonardo Lidi,con gesti pacati e misurati,attento a tutte le sfumature,ha saputo dare corpo e voce alle visioni,ai pensieri scenici,dell’autore e del giovane regista.”Angela Villa-Dramma.it

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