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Esercizi per scomparire

Amalia Franco

Genere Danza Teatro-danza Figura Performance
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Regia: Amalia Franco

Drammaturgia: Amalia Franco

Attori: Amalia Franco

Altri crediti: marionette Amalia Franco e Gianluca Vigone con il sostegno di Workspace Ricerca X/research & dramaturgy Torino Trac_Centro di residenze pugliese-Crest-Teatro Tatà di Taranto Maison Jacques Copeau, Pernand Vergelesses

Parolechiave: danza, teatro di figura

Produzione: produzione La Terra Galleggiante

Anno di produzione: 2023

Genere: Danza Teatro-danza Figura Performance

Gli Esercizi nascono come scritti brevi, ho iniziato a comporli e collezionarli nel 2018. A marzo dell’anno seguente gli esercizi scompaiono. Quanto segue, dunque, non sono i ‘veri’ Esercizi per scomparire, il cui nome conteneva la
promessa, bensì il ritrovamento d’alcuni, il tentativo di recuperarne d’altri memoria, illusione che la memoria non sia scrittura, e il pensamento di nuovi, talora non in forma scritta, ma di danza o immagine. Ecco, dunque…
Immagino un elenco numerato in cui perdere il filo, nonostante o data la presenza dei numeri: in tal senso, l’elenco numerato di esercizi propedeutici alla sparizione.
Più che di una scrittura drammaturgica, si tratta di un dispositivo, che dà all’opera la forma di uno zibaldone dei pensieri, o dei pensierini bambini. L’opera è ‘corpo intensivo, attivo localmente per salti, scarti, vibrazioni e modulazioni’. La figura, il corpo danzante e la parola sono gli elementi atti alla costruzione di molecole specializzate, i singoli esercizi, in cui è attiva la tecnologia del corpo, che disgrega, lega, moltiplica le cellule. Si tratta di un esercizio abusivo di appropriazione ed uso sconsiderato dei codici, necessario alla localizzazione (nel corpo) del pensiero.
Il substrato dell’opera è nell’idea di molteplicità; per accettare questa idea è necessario, ancora accettare, che l’Uno possa moltiplicarsi, generando infinite unità uguali tra loro.
In tal senso, la figura non è un’analogia dell’umano, ma corpo senza organi, morto già prima di morire, è una figura moltiplicata, una zona d’indicibilità, dove umano e inanimato si moltiplicano l’uno nell’altro. Si crea tra corpo danzante e corpo della marionetta, una tensione che costringe ad ammettere la nostra frammentarietà e a ripetere continuamente l'esperienza della mancanza, della perdita, della dipendenza, della nostra infinitezza, ovvero non finiti, incompleti. La confusione del corpo (corpo del fantoccio, corpo del manipolatore, corpo d'attore) è frutto di
un'intrinseca pluralità indivisibile: testimonia l'impossibilità di un soggetto unitario e la tensione verso la configurazione di un nuovo corpo perennemente costruibile. La figura pratica il corpo come superficie di scrittura, e la danza come luogo di trasformazione e transizione, restituisce al corpo la sua polisemia.
Gli Esercizi sono dislocabili nello spazio e nel tempo; la frammentazione è una scelta estetica ed etica, che porta alla delocalizzazione del centro: l’indeterminatezza, il dominio del ‘pressappoco’, del non misurabile, ne sono la diretta conseguenza. L’attenzione è sullo spostamento dalla centralità dell’opera intesa come fatto concluso alla composizione come luogo decentralizzato.
La luce, esercizio nell'esercizio, indaga il tema e crea 2 varianti dello stesso lavoro: è esplorata nella sua pienezza come luce naturale, che investe lo spazio, i corpi e lo sguardo senza discrimine, e dal lato opposto come ombra che moltiplica i corpi, qui ‘il buio è così buio/che non c’è oscurità'.

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