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Officina Prometeo
DivisoperzeroRegia: Francesco Picciotti
Drammaturgia: Francesco Picciotti
Attori: Francesco Picciotti
Trailer: Link
Anno: 2023
Generi: Teatroragazzi (6-100), Figura
Tags: Mitologia, Teatro di figura, Marionette, Teatro d'oggetti, Olimpo
Questa è la storia di come furono inventati tutti gli animali, compresa quella strana bestia senza corna o zanne capace di creare cose mirabolanti come enormi città pullulanti di vita e monumenti da lasciare a bocca aperta: gli umani.
Il mito di Prometeo parla della natura stessa dell’essere umano, di cosa lo rende quello che è: un animale unico nel suo genere, capace di ragionamenti profondi, contorti, come quello che lo porta a chiedersi: “chi sono?”
Parla del rapporto complicato con la tecnica, che dona all’uomo un potere infinito ma, al tempo stesso, lo rende dipendente dalle sue stesse invenzioni. Ironizza su divinità piuttosto insicure , che hanno bisogno dei mortali più di quanto i mortali abbiano bisogno di loro.
Sulla scena un burattinaio-narratore-artigiano da’ voce a tutti i protagonisti del racconto: dalla luminosa Afrodite, al temibile Ares, all’ operoso Efesto, fino al più grande di tutti, Zeus, che incarica suo cugino Prometeo di popolare la terra, i cieli e i mari con esseri di tutti i generi. Prometeo usa tutto il suo ingegno e la sua inventiva per “assemblare” una grande varietà di creature terminando la sua opera realizzando l’essere umano.
Ma Zeus, infastidito dall’ intraprendenza di quello strano bipede, decide di metterlo in riga. Prometeo, farà tutto quello che è in suo potere per proteggere i propri “figli”.
Le marionette e gli oggetti di scena sono creati combinando oggetti di uso comune: caffettiere e mestoli, abat-jour e pezzi di legno che rappresentano le divinità, l’umanità e le altre bestie create da Prometeo per popolare il mondo. Gli occhi del pubblico devono, a loro volta, compiere un atto di creazione, trasformando un ammasso di pezzi accostati tra di loro in volti e corpi, esercitandosi a guardare gli oggetti quotidiani con rinnovata meraviglia. Anche la scenografia è costruita assemblando più parti che hanno funzioni diverse e che dialogano tra loro mantenendo ognuna una propria autonomia, è uno spazio da abitare, un marchingegno da manovrare , uno strumento da suonare.
Altri crediti: scenografia di Miriam Di Domenico e Francesco Picciotti
fotografie di Elena Consoli
con l’aiuto di Flavia Valoppi, Francesca Villa e Fabrizio Pallara
Produzione: Divisoperzero - Florian Metateatro
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Divisoperzero è fondata nel 2013 da Francesca Villa e Francesco Picciotti.
L’interesse principale della compagnia è la ricerca nell’ambito delle diverse tecniche del teatro di figura sia per quanto riguarda la costruzione di burattini, marionette e oggetti sia per quella che è la fase performativa e di manipolazione. Per questo motivo, fin dai primi spettacoli, marionette da tavolo, burattini, oggetti e fantocci hanno sempre convissuto sulla scena, senza nessuna voglia di “purezza tecnica” usando, di volta in volta, quello che è ritenuto più adatto a raccontare una particolare fase della storia.
Le diverse fasi del lavoro di costruzione di uno spettacolo si compenetrano: la creazione dell’idea generale e poi del testo, avviene contemporaneamente alla costruzione delle scene e degli oggetti necessari alla narrazione. Le due cose procedendo su binari paralleli che si influenzano vicendevolmente.
L’artigianalità del processo, la ricerca continua di nuove soluzioni, sia sceniche che costruttive, e l’inclusione di questo processo nel risultato finale, sono parte della poetica della compagnia: ogni spettacolo è una magia della quale è facile intuire il trucco.
Il teatro per le nuove generazioni offre un maggiore spazio di libertà espressiva e si sposa bene con questa visione artigianale del teatro per questo i bambini e le famiglie diventano il principale pubblico di riferimento.
“Ciaula scopre la luna” (foto di Elena Consoli)
Nei primi spettacoli, “Ciaula scopre la luna” e “Grandi cose successe alle mie mani”, la parola viene sacrificata in favore di una messa in scena in cui la gestualità delle marionette e dei burattini è il principale elemento espressivo. Il primo spettacolo è liberamente tratto dall’omonima novella di Luigi Pirandello e viene rappresentato di fronte a pubblici eterogenei anche in posti non deputati, caratteristica che rimane per tutto il percorso artistico fino ad ora.
Tutti gli spettacoli della compagnia, infatti, non hanno bisogno di una tradizionale platea teatrale; sono stati portati in scuole, case, piazze, luoghi di ogni tipo, non avendo, per precisa scelta, particolari necessità tecniche.
Con questi spettacoli la compagnia viaggia in tutta Italia, toccando Catania, L’Aquila, Siena e vari teatri di Roma, città nella quale si forma e opera principalmente
Nel 2016 si dedica a “Ubu Me, per due attori e fantocci di pezza”, iniziando così a lavorare anche sul testo tramite un adattamento della nota opera di Alfred Jarry. Lo spettacolo è anche il primo pensato per un pubblico più adulto, per quanto il gioco dei burattini e dei fantocci di pezza mantengono il tono generale grottesco e bambinesco. “Ubu Me” debutta a Roma dopo un periodo di residenza a Siena.
Con “Storie di questo mondo” del 2017, il lavoro sulla parola si focalizza sulla narrazione di miti e leggende continuando negli anni successivi con “Plutone e Proserpina” e poi con “Efesto”.
L’interesse principale della compagnia è la ricerca nell’ambito delle diverse tecniche del teatro di figura sia per quanto riguarda la costruzione di burattini, marionette e oggetti sia per quella che è la fase performativa e di manipolazione. Per questo motivo, fin dai primi spettacoli, marionette da tavolo, burattini, oggetti e fantocci hanno sempre convissuto sulla scena, senza nessuna voglia di “purezza tecnica” usando, di volta in volta, quello che è ritenuto più adatto a raccontare una particolare fase della storia.
Le diverse fasi del lavoro di costruzione di uno spettacolo si compenetrano: la creazione dell’idea generale e poi del testo, avviene contemporaneamente alla costruzione delle scene e degli oggetti necessari alla narrazione. Le due cose procedendo su binari paralleli che si influenzano vicendevolmente.
L’artigianalità del processo, la ricerca continua di nuove soluzioni, sia sceniche che costruttive, e l’inclusione di questo processo nel risultato finale, sono parte della poetica della compagnia: ogni spettacolo è una magia della quale è facile intuire il trucco.
Il teatro per le nuove generazioni offre un maggiore spazio di libertà espressiva e si sposa bene con questa visione artigianale del teatro per questo i bambini e le famiglie diventano il principale pubblico di riferimento.
“Ciaula scopre la luna” (foto di Elena Consoli)
Nei primi spettacoli, “Ciaula scopre la luna” e “Grandi cose successe alle mie mani”, la parola viene sacrificata in favore di una messa in scena in cui la gestualità delle marionette e dei burattini è il principale elemento espressivo. Il primo spettacolo è liberamente tratto dall’omonima novella di Luigi Pirandello e viene rappresentato di fronte a pubblici eterogenei anche in posti non deputati, caratteristica che rimane per tutto il percorso artistico fino ad ora.
Tutti gli spettacoli della compagnia, infatti, non hanno bisogno di una tradizionale platea teatrale; sono stati portati in scuole, case, piazze, luoghi di ogni tipo, non avendo, per precisa scelta, particolari necessità tecniche.
Con questi spettacoli la compagnia viaggia in tutta Italia, toccando Catania, L’Aquila, Siena e vari teatri di Roma, città nella quale si forma e opera principalmente
Nel 2016 si dedica a “Ubu Me, per due attori e fantocci di pezza”, iniziando così a lavorare anche sul testo tramite un adattamento della nota opera di Alfred Jarry. Lo spettacolo è anche il primo pensato per un pubblico più adulto, per quanto il gioco dei burattini e dei fantocci di pezza mantengono il tono generale grottesco e bambinesco. “Ubu Me” debutta a Roma dopo un periodo di residenza a Siena.
Con “Storie di questo mondo” del 2017, il lavoro sulla parola si focalizza sulla narrazione di miti e leggende continuando negli anni successivi con “Plutone e Proserpina” e poi con “Efesto”.