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Due addetti alle pulizie (2022)

Le Ore Piccole

Genere Prosa
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Regia: Daniele Santisi

Drammaturgia: Chiara Arrigoni

Attori: Andrea Ferrara, Chiara Arrigoni

Altri crediti: Costumi: Giuliana Musso Scene: Paola Arcuria

Parolechiave: lavoro, pinter, criminalità

Produzione: Le ore piccole / Compagnia Dunamis

Anno di produzione: 2022

Genere: Prosa

Due addetti alle pulizie stanno pulendo uno scantinato. Sembra un lavoro come un altro, ma i due non possono raccontare a nessuno di quello che fanno e la loro mansione è avvolta nel mistero. Seguendo la discussione intuiamo la vera natura del loro ruolo: far sparire del tutto le tracce di un evento che nessuno deve scoprire. La situazione diventa sempre più simile a un litigio, soprattutto quando arrivano a confrontarsi su l'unica domanda che conta veramente: sono anche io responsabile di quello che accade qui?
Siamo in un tempo indefinito della nostra contemporaneità, in uno spazio sotterraneo ai margini dell’umanità, che potrebbe però trovarsi sotto i nostri piedi. Potremmo essere nella stessa stanza de Il Calapranzi di Pinter, proprio dove i due assassini Ben e Gus si chiedevano chi pulisse dopo che avevano portato a termine il lavoro lasciandosi alle spalle un pavimento sporco di sangue. Due addetti alle pulizie vuole, infatti, essere una sorta di spin-off de Il Calapranzi, proponendosi di esplorare un retroscena apparentemente marginale che nel capolavoro di Pinter veniva solo accennato. Siamo nel backstage di uno scenario criminale, ma non per questo l’atmosfera è meno crudele: non vediamo la violenza dell’omicidio, ma la collaborazione di persone come noi, che non hanno le mani direttamente sporche di sangue, ma contribuiscono al funzionamento di questo sistema e, una volta entrate, non possono più uscirne.
I due protagonisti sono due individui ordinari, sgangherati, precipitati in un vicolo cieco che è il mondo del lavoro di oggi: una gabbia che non riesce più a offrire una prospettiva di senso né di felicità, può essere un luogo di silenziosi orrori di cui siamo spettatori o corresponsabili, e preclude la possibilità di un futuro migliore. Il futuro, anzi, non esiste, il lavoro dei due protagonisti è un eterno presente senza via d’uscita, sognare un mondo al di fuori di quella prigione è proibito, illusorio, o pericoloso. La prospettiva di andare avanti senza farsi problemi, però, si sgretola poco alla volta, mentre i due arrivano al punto di non ritorno del loro rapporto quando uno dei due dichiara di volersene andare: la massima ribellione al sistema, che non si può cambiare da dentro.
Lo scenario criminale che incombe sull’intero testo resta sullo sfondo, ma è presente, e chiama in causa il tema della responsabilità individuale e, anche, della banalità del male, ovvero riflettere sulla sensazione che siamo comunque coinvolti in qualcosa di più grande, e più mostruoso, anche se siamo solo un piccolo granello nel meccanismo, anche se crediamo che la decisione di non sapere nulla possa rendere innocenti le nostre azioni. Chi siano i mandanti degli omicidi non è dato sapere, ma sul finale si affaccia la possibilità che “loro” siamo anche noi: il pubblico, che spia, che desidera un nuovo spargimento di sangue, che finito lo spettacolo si cala di nuovo nella sua vita piena di compromessi dove dovrà, forse, sporcarsi le mani di sangue.

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