Regia: Giulio Boato
Drammaturgia:
Attori: Juliette Fabre
Altri crediti:
Parolechiave:
Produzione:
Anno di produzione: 2013
Genere:
Ballata per Venezia è una pièce di teatro musicale per un’attrice violoncellista e un sound designer, della durata di cinquanta minuti.
Il libretto è una riscrittura originale di fiabe popolari venete, arrangiate in chiave contemporanea e pluriliguistica.
La drammaturgia musicale spazia dal suono analogico al digitale, intervallando ballate tradizionali a composizioni inedite.
Lo spazio scenico sembra sommerso, scandito da piccole sculture ricavate da pezzi di legno levigati dal mare.
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In poco meno di un’ora, una giovane DONNA racconta Venezia: ripete il suo nome, declinandolo in lingue diverse, per scoprire cosa si nasconde « sotto il peso del tempo | sopra l’acqua e le alghe | tra le pieghe dei palazzi e gli ori delle chiese ».
La giovane donna non è sola: dialoga con un VIOLONCELLO, arco settecentesco d’origini italiane, alter-ego ligneo di forme femminili. Le vocali e le corde si avvinghiano come colonne tortili, in cerca di una città sommersa.
Tra la donna e il violoncello – quasi sull’orlo dello scontro fisico – veglia un angelo immateriale: un’anima digitale avvolge il suono, conciliando l’umano e l’inanimato, riportando in vita rime e rumori di un presente musicale che scorre. In gergo tecnico: LOOP STATION & SOUND DESIGN.
Le parole e le persone grondano acqua, in questa corsa contro Venezia. Una laguna di versi in prosa sale alta, una fiaba dopo l’altra, dietro le palpebre della donna. Resti e relitti marini punteggiano lo spazio, levigando i contorni dell’ambiente. Poco meno di un’ora, ed è tutto finito.
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Il testo di Ballata per Venezia è un soliloquio per voce & violoncello articolato in tre capitoli: Il mammalucco, riscrittura di una fiaba popolare della tradizione veneta, La città sott’acqua, racconto originale ispirato alla celebrazione veneziana dello “sposalizio del mare”, e Il cavaliere dell’amore, ironica fiaba contemporanea che si concentra sulla condizione degli immigrati nelle città italiane.
Di pari passo all’evoluzione delle tematiche – dalla semplicità ingenua della prima fiaba alla serietà caustica della seconda, sino all’ambiente noir dell’ultima – anche il registro linguistico narrativo si trasforma, passando dal gergo colloquiale del Mammalucco alle involute costruzioni ipotattiche del Cavaliere.
Tra le fiabe, trovano spazio quattro intermezzi: questi piccoli frammenti – che mescolano lingua italiana e francese, ponendo particolare attenzione alla musicalità delle parole – s’interrogano direttamente sul senso che assume oggi una città come Venezia, un patrimonio dell’umanità conteso tra museificazione, turismo e commercio.
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