← Indietro
immagine-grande

SHELLEY, NAUFRAGIO E PROCESSO

Casa Shakespeare

Genere Prosa
Cachet:Informazione riservata agli Organizzatori
Modifica Tag

Regia: SOLIMANO PONTAROLLO

Drammaturgia: ANDREA DE MANINCOR

Attori: Andreapietro Anselmi, Giulia Lacorte, Andrea de Manincor, Sabrina Modenini

Altri crediti: Luci: Francesco Bertolini / Audio: Martina Zanetti / Costumi: Imperia, Chiara da Pont / Idea scenica: Simone Tessari

Parolechiave: SHELLEY, MORTE, LIMBO, RICERCA, VERONA

Produzione: CASA SHAKESPEARE

Anno di produzione: 2022

Genere: Prosa

Questo testo è una costante, ripetuta, insistita domanda sulle condizioni del suo destino.
È un’indagine e una specie di giallo, di cui la fine è saputa.
O meglio.
La fine la sanno tutti coloro che di Shelley si sono occupati: avviene per naufragio, in un giorno di luglio del 1822, con i compagni di traversata Williams e Vivian, durante il viaggio che da Livorno, sul trabaccolo o goletta “Ariel” come lui stesso l’aveva battezzata, lo riporta alla casa di Lerici – perché l’Italia era divenuta da tempo la sua patria d’elezione, e scriveva, abborracciava più che correttamente testi in italiano - dove stava soggiornando con la moglie, colei che diverrà una delle più note scrittrici dell’800, la creatrice di uno dei miti letterari che turbano le nostre notti fin dall’epoca della sua notorietà editoriale, cioè Frankenstein.
Ma quella creatura selvaggia, che Mary Shelley mette su carta per inchiostro indelebile, la creatura composta nel mito già di una possibile scienza ardita e progressiva, di una medicina pensata al di là dei confini dell’umano, genetica e forse eugenetica, è il frutto di un Prometeo della contemporaneità di allora, cioè il dottor Frankenstein; come Prometeo portatore di un’idea di rivoluzione, di umanità in ribellione, che si sleghi dai legacci sfortunati dell’inciviltà, dell’ignoranza e dell’oppressione.

E Prometeo si sente anche il nostro Shelley; nostro, quello che esce dalle pagine di qui, a cui abbiamo voluto dare una consistenza di personaggio, o di fantasma, perché nello sviluppo dell’improvvisato tribunale del “limbo”, rappresentato da un uomo e una donna di età diverse, Judge e She, davanti al quale sciorina sensazioni di vita, egli è già fantasma che non sa di esserlo, è già presenza che è assenza.
Dal suo “Unbound”, caposaldo della rappresentazione prometeica di Primo Ottocento, parzialissima traduzione dell’originale di Eschilo di cui Shelley mantiene appena 24 versi, perché il resto sarà tutta farina del suo proprio sacco, usciranno le uniche citazioni in versi che sono state centellinate nel testo rappresentato.

Informazione riservata agli Organizzatori

    Non è stata caricata nessuna recensione

Informazione riservata agli Organizzatori

Acquista opera