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Né caldo né freddo

Teatro Magro

Genere Prosa
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Regia: Flavio Cortellazzi

Drammaturgia: Teatro Magro

Attori: Elia Grassi Lorenzo Mirandola Agata Torelli

Altri crediti: Disegno luci: Fabio Dorini Scenografia: ZeroBeat Theater Proiezioni: Matteo Codognola

Parolechiave: Cambiamento climatico, Riscaldamento globale, Metamorfosi, Ambiente, Inquinamento

Produzione: Alkémica Società Cooperativa e Comune di San Giorgio Bigarello

Anno di produzione: 2022

Genere: Prosa

Perché ci sia una Natura da preservare, essa deve essere concepita come uno sfondo sul quale si staglia qualcosa in primo piano e questo qualcosa è ovviamente l’uomo, per il quale la Natura è un contorno. Ma la caratteristica del riscaldamento globale è proprio questa capacità dello sfondo di entrare improvvisamente in primo piano, facendo collassare la visione antropocentrica e con essa un intero impianto filosofico che ha bisogno dell’idea di “mondo” per esistere.
Il mondo si regge sulla distinzione tra sfondo e primo piano, sulla presenza di un “altrove” che proprio come la scenografia di uno spettacolo teatrale fornisce un ambiente per le azioni dei protagonisti. Se quell’altrove scompare, scompare anche il mondo: per questo l’ansia dell’apocalisse portata dal riscaldamento globale è in effetti una realtà dell’apocalisse. Il mondo è già finito.
La consapevolezza planetaria non è l’inesorabile realizzazione del fatto che “noi siamo il mondo” ma, al contrario, del fatto che non lo siamo.
We are not the world
Il genere umano ha 2,5 milioni di anni. La Terra ne ha 4,54 miliardi.
Durante la sua esistenza è passata dall’essere una palla di fuoco ad essere una palla di ghiaccio senza scomporsi più di tanto.
Un’indifferenza spiazzante nei confronti delle velleità di onnipotenza umana.
Alla Terra non facciamo né caldo né freddo.
Non illudiamoci di volerla salvare. Lei ci sopravviverà. Stiamo solo cercando di salvare noi stessi.
Ben cinque estinzioni di massa ci precedono.
Cosa avrà di diverso rispetto alle altre la sesta estinzione? Sarà la prima il cui principale artefice ucciderà anche sé stesso.
Un’indifferenza spiazzante.
È interessante che noi si pensi che la pura e semplice sopravvivenza sia più reale di un qualche tipo di qualità dell’esistenza, come essere felice. La catastrofe ecologica è stata perpetrata in nome di questa sopravvivenza, della mera esistenza, senza alcuna attenzione a qualsiasi qualità dell’esistere.
Abbiamo bisogno di riprendere gli spazi di libertà non concessi, frantumare queste pareti di imprigionamento per prendere coscienza di un contenitore infinitamente più grande.
L’uomo moderno non crede più nella possibilità della metamorfosi.
Ma siamo esattamente il frutto di migliaia di metamorfosi che ci hanno preceduto. Perché dobbiamo avere l’arroganza di essere il culmine di ogni cosa?
La metamorfosi, la capacità di mutare profondamente, è insita nella natura: se è vero che veniamo dall’acqua e che dal mare sono venute fuori una serie di specie che poi si sono modificate, hanno trasformato le pinne in zampe o ali, vuol dire che la potenza metamorfica è compresa dentro la vita, e quindi perché l’uomo non dovrebbe avere questa forza dentro di sé?

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