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Petra

Beercock/Lamantia

Genere Prosa Teatro-danza Figura Performance
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Regia: Mauro Lamantia/Sergio Beercock

Drammaturgia: Lamantia/Beercock

Attori: Mauro Lamantia Sergio Beercock

Altri crediti: spettacolo realizzato col contributo di Gaia Cappa e Noa Di Venti e di Garage Arts Platform Enna / Spazio Franco Palermo

Parolechiave: rito, desiderio, mito, paese, Sicilia

Produzione: Babel

Anno di produzione: 2021

Genere: Prosa Teatro-danza Figura Performance

LA TRAMA

Un Malucumminàtu - uno storpio - è ossessionato dal desiderio di “stracanciàre”: vorrebbe essere più eretto, più presentabile, più sano e piacevole alla vista. Ogni suo sforzo, però, viene sabotato da due voci che lo assillano: la Signora Ida e il Signor Lei. Il Malucumminàtu le tenta tutte: dall’esercizio fisico al rito arcaico, passando per l’invenzione di Sante Moderne Personalizzate, fino ad inseguire la processione carnascialesca di una folla con un asino in spalla. Ogni suo tentativo è spinto dal bisogno di un miracolo, che la Signora Ida e il Signor Lei continuano a fare abortire senza pietà. L’ultimo tentativo, il più drammatico, sarà di autodistruggersi, e nell’urlo tragico dell’affanno si rivelerà l’unico miracolo possibile: il Malucumminatu diventerà una Leggenda.

IL CONCEPT

Petra è il paesino immaginario che ospita queste persone, che si aggirano per la nebbia e tra i vasti e solitari panorami dell’entroterra sicano: vicoli, piazze e valli che Lamantia e Beercock hanno abitato dall’infanzia fino alla fine dell’adolescenza. Il “malucumminatu” nasce dallo storpio che abita ognuno di noi: quell’accumulo malmesso di desideri cui tanto tendiamo e che lasciamo appassire continuamente. La Signora Ida, donna santa, e il Signor Lei, l’anziano in panchina, sono portatori di un pensiero arcaico e inossidabile di stare al mondo. E’ proprio impadronendoci di queste voci che possiamo prendere coscienza di quella mappa di paure, giudizi e aneliti che costituiscono la personale “Geografia Madre” di ognuno di noi: ovvero l’insieme di cose che tutti ci portiamo dietro, dentro e addosso, dal nostro paese di origine, sia esso un luogo del mondo o una stanza nella casa di famiglia.

LA MESSINSCENA

Ne nasce dunque un esorcismo per gioco. Spazio, corpo e tecnica sono diventati strumenti per un rito contemporaneo. Solo creando un’esperienza rituale potevamo davvero parlare di ciò che è affiorato in noi. La messinscena di “Petra” si serve di un cubo, una mandibola di vacca, un corpo che veste una gonna e un corpo che lavora a una console dal vivo. L’unico dispositivo che illumina la scena è un piccolo faro poggiato a terra e che proietta delle ombre su un fondale, come in una caverna di Platone, una storia attorno al fuoco, un racconto della mezzanotte.

La lingua che i personaggi parlano è un misto fra dialetto ennese e italiano. Dialetto scuro, ruvido e montano: strumento fondante del rito di Petra. Il testo del progetto e la messinscena sono in costante evoluzione. Come in costante evoluzione è il nostro rapporto con le nostre domande. I personaggi, gli spiriti (se vogliamo chiamarli così) vivono di vita propria, in ogni spazio che abitano, di volta in volta che vanno in scena. Il suono è evocatore, negromante, salvatore: la manipolazione attiva di esso, attraverso dispositivi elettronici, permette la trasfigurazione del parlato in musica, della melodia in verso animale, del silenzio i

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