Regia: Marianna Esposito
Drammaturgia: Marianna Esposito
Attori: Alessandro Cassutti, Alberto Corba, Diego Paul Galtieri, Giulio Federico Janni
Altri crediti: Assistenza alla regia: Francesca Ricci, Scenografie Stefano Zullo, costumi Marianna Esposito e Stefano Zullo. Progetto semifinalista al Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti
Parolechiave: femminicidio, discriminazione, molestie, stupro, conflitto di genere
Produzione: Compagnia TeatRing, con il Contributo della Fondazione CARITRO e della Provincia Autonoma di Trento
Anno di produzione: 2022
Genere: Prosa
Come vivrebbero gli uomini, se il mondo fosse sempre stato matriarcale?
Mettiamo letteralmente gli uomini nei panni delle donne.
In questo mondo matriarcale, quattro amici si incontrano, incastrando questo momento tra le mille cose che devono fare sempre: mantenersi giovani e belli, conciliare carriera e paternità, contrastare le discriminazioni di un mondo al femminile, vivere in un mondo dove un uomo deve fare il doppio della fatica per potersi realizzare ed essere preso sul serio.
In una “colazione perenne” vediamo gioie, dolori, accomodamenti; con “un’aria da commedia americana” si scivola nel buio di vicende e violenze mai raccontate, che appartengono a tutti gli uomini di questo mondo.
CONTESTO DEL PROGETTO
Stupri e violenze sulle donne sono in aumento. Il teatro di solito glorifica le vittime, condanna i carnefici, celebra un liberatorio pianto collettivo e non ha mai cambiato niente. Proviamo a sovvertire la modalità: ruoli ribaltati e uomini letteralmente nei panni delle donne. In questo testo la società è distopica e declinata al femminile; è il contesto a creare vittime e carnefici e su di esso ci concentriamo, per capire e cambiare. Non condanniamo gli uomini, e non santifichiamo o vittimizziamo le donne.
OBIETTIVI DEL PROGETTO
Andare al cuore del problema: la violenza è il prodotto di un contesto che urge modificare. Mostrare, con il paradosso di una società al contrario, che l’istinto violento non è del maschio e la tendenza a subire non è della femmina, ma sono il prodotto di una cultura e su di essa possiamo intervenire. Vogliamo mettere la parola fine alla rappresentazione teatrale cara e rassicurante della colpa e del delitto, e usare il teatro come un grimaldello per smascherarci.
CONTAMINAZIONE CULTURALE
Sinora gli spettacoli sulla violenza di genere godevano di fruizione esclusivamente di pubblico femminile. Questo progetto, per sua stessa essenza, coinvolge anche quello maschile.
L’utilizzo della distopia ci consente il lusso di far immedesimare tutti e stimolare un dibattito ampio e inclusivo.
La distopia in teatro non è mai stata utilizzata, perché peculiare di cinema e romanzi.
Lo stile contaminerà commedia e dramma, con un meccanismo recitativo e di ritmo scenico rubato al cinema anglosassone.
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