Regia: Valentina Mustaro
Drammaturgia: liberamente tratto dall'opera di Giambattista Basile, riscrittura a cura di Valentina Mustaro
Attori: Antonio Carmando, Michele Cicchetti, Valentina Mustaro, Elena Pagano + 2 musicisti
Altri crediti: vincitore premio Fita Social
Parolechiave: commedia dell'arte, racconto, tradizione, basile, campania
Produzione: teatro la Ribalta
Anno di produzione: 2021
Genere: Prosa
La versione dello spettacolo scritta dalla regista Valentina Mustaro è ambientata in un cantiere aperto, un vicolo di un quartiere popolare, in un tempo imprecisato. Elementi moderni e passati convivono insieme sulla scena: una scala d’acciaio, un trabattello, secchi di pittura, di plastica, scope, bidoni. Tutto a rappresentare un ambiente in costruzione ma trasmettono anche un senso di abbandono e di solitudine. Giunge in questo luogo, come un deus ex machina, una maschera, un attore, che tenta di richiamare l’attenzione della gente ma resta amaramente deluso nel trovare la strada stranamente silenziosa e vuota. Decide quindi di recitare un monologo, il testo del bando emanato dal Principe di Camporotondo, il quale si dice sia alla ricerca delle donne più chiacchierone per raccontare le storie del popolo alla principessa nei 4-5 giorni che la separano dal parto. Il monologo della maschera è lanciato come un’esca alla quale abbocca pian piano la gente del vicolo, che inizia a passarsi la voce, a scendere in piazza e a riportare in vita i detti, le storie della tradizione, mettendo in piazza i propri panni, le vesti, gli indumenti e utilizzandoli poi in un gioco di metateatro nel quale il popolo è narratore e attore allo stesso tempo. Lo stile della messa in scena è quello tipico della commedia dell’arte: i personaggi indossano maschere, adoperano diversi dialetti, compiono lazzi e trovate acrobatiche, ironizzato sulla storia e spesso la stravolgono ponendosi sempre a metà tra il passato e il moderno. Infine, la regista sceglie di chiudere lo spettacolo così come è iniziato, secondo uno schema circolare, che è un chiaro riferimento alla circolarità dell’opera stessa, ma con la differenza che alla fine della rappresentazione la scena non sarà più abbandonata e silenziosa; bensì sarà di contro una scena viva poiché grazie al raccontare “si spaurano gli affanni, si da sfratto ai momenti fastidiosi e s’allonga la vita”. Così la “maschera”, l’attore, può allontanarsi contenta vedendo come adesso la gente sia rinata e in piena energia, pronta a riprendere a raccontare “Lu cunto de li cunti”.
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