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Chi ama brucia. Discorsi al limite della Frontiera

ORTIKA

Genere Prosa
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Regia: Alice Conti

Drammaturgia: Alice Conti e Chiara Zingariello

Attori: Alice Conti

Altri crediti: Ideazione e regia Alice CONTI Testo Chiara ZINGARIELLO Drammaturgia Alice CONTI e Chiara ZINGARIELLO Disegno luce, audio, scene Alice COLLA Costumi Eleonora DUSE Assistente produzione Valeria ZECCHINATO in scena Alice CONTI produzione ORTIKA e Teatro della Caduta con la complicità di Spazio Off Trento, Teatro della Caduta Torino, LAB121 Milano, CAP10100 Torino, Cavallerizza Reale Liberata Torino, La Tana Torino, Lapsus Torino, Circolo Oltrepo' Torino, Artea Rovereto selezione Premio Dante Cappelletti 2013, Roma vincitore Anteprima 2014, (PI) menzione giuria Scandalo! 2014, (BZ) vincitore Festival Direction Under 30 2014, (RE) vincitore Premio Nazionale Giovani Realtà del Teatro – Giuria Giornalisti 2014, (UD) vincitore Festival 20 30 bando 2015, (BO) selezione INBOX 2017 vincitore Teatro delle Differenze (BO) 2017 vincitore 3° Premio Sonia Bonacina 2017 finalista Premio Cervi - Festival di Resistenza 2018

Parolechiave: migrazioni, confini, detenzione, diritti, accoglienza

Produzione: ORTIKA e Teatro della Caduta

Anno di produzione: 2014

Genere: Prosa

Spettacolo sui “campi di accoglienza” per migranti stranieri, tratto dalle interviste originali a lavoratori ed ex-reclusi di un C.I.E. italiano (Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri oggi CPR). Con il patrocinio di Amnesty International. Da qui. Da un paesaggio che ci battezza. Dalla città fantasma dentro la città reale. Dal C.I.E. - Centro di Identificazione ed Espulsione per stranieri; in Italia mezzo milione di persone vi sono passibili di internamento fino a 18 mesi. I clandestini, una categoria che questo luogo serve a creare e che non esiste se non in relazione a questo luogo. Il Campo crea e rinomina attraverso le sbarre i corpi delle persone che confina; c'è un destino nell'assegnazione di uno spazio. La Crocerossina in uniforme d'accoglienza ci guida dentro il suo campo da gioco, danza paternalista i turni, canta chiusa in ufficio, dalla radio le voci dei prigionieri. Un viaggio dentro il Campo, le sue regole e il suo linguaggio orwelliano, dentro uno sguardo ravvicinato e miope sull'altro. Il Campo introduce nello spazio civile della città un'eccezione inquietante e antica: le persone vi sono recluse non per qualcosa che hanno fatto ma per qualcosa che sono.

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