Regia: Maurizio Sguotti
Drammaturgia: Maurizio Sguotti
Attori: Bubacarr Bah, Tommaso Bianco, Alhagie Barra Sowe
Altri crediti: musiche e disegno luci Alex Nesti costumi Francesca Marsella movimenti Nicoletta Bernardini produzione Kronoteatro con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello spettacolo vincitore de I Teatri del Sacro 2019
Parolechiave:
Produzione: Kronoteatro
Anno di produzione: 2019
Genere: Prosa
SPORCO NEGRO
produzione Kronoteatro
con Bubacarr Bah, Tommaso Bianco e Alhagie Barra Sowe
regia Maurizio Sguotti
drammaturgia Kronoteatro
musiche e disegno luci Alex Nesti
costumi Francesca Marsella
movimenti Nicoletta Bernardini
produzione Kronoteatro
con il sostegno di Armunia Centro di Residenze Artistiche Castiglioncello
spettacolo vincitore de I Teatri del Sacro 2019
“non sono io che sono razzista, sono loro che sono negri”
“il 47% degli italiani è un analfabeta funzionale” (dati OCSE)
“SPORCO NEGRO” nasce con l'idea di mettere completamente a nudo, a nervi scoperti, senza nessun riguardo verso il politically correct o verso la forma edulcorata del socialmente accettabile, tutti i pregiudizi e le paure che quest'Italia nutre nei confronti del diverso.
Un cabaret razzista e politicamente scorretto sul pensiero becero e xenofobo, reso pensiero pubblico da anni di cultura mediatica attraversata e pervasa da un sottile e soffuso razzismo.
In scena due attori non professionisti del Gambia e un membro storico della compagnia.
Ridiamo amaramente di noi, certi di essere distanti da quel modo di pensare, da quella visione. Ma è davvero così?
Vogliamo indagare un tema che non può che essere urgente, sviscerandolo da diversi punti di vista. A partire da quelli scomodi, incauti e indelicati.
Si mette quindi alla berlina quella parte di noi che relega, più o meno consapevolmente, il negro in nell'immaginario da bar con gli stereotipi e le infondate certezze.
Ridiamo, certi di essere distanti da quel modo di pensare, da quella visione. Ma davvero è così?
O stiamo ridendo della nostra mostruosità?
Quanto siamo affezionati a quel retaggio folkloristico figlio degli stereotipi cinematografici e macchiettistici? Quanto fa parte di noi, o meglio, quanto è dentro di noi tanto da considerarlo perfettamente integrato con i nostri ideali?
Viene allora da chiedersi quanto chi si ritiene accogliente, multietnico, aperto e disponibile, poi non cada nello immaginario stilizzato, nel confortante assodato e quanto non siamo noi, occidentali moderati, ad essere degli “sporchi bianchi”.
Ci mettiamo in crisi consci di essere contemporaneamente oggetto e soggetto dello spettacolo.
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