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Hotello con l'H

Teatro22

Genere Prosa
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Regia: Salvatore Nocera

Drammaturgia: libero adattamento da Shakespeare

Attori: Salvatore Nocera

Altri crediti: costumi ed elementi scenografici di Dora Argento luci di Gabriele Gugliara musiche di Aldo Giordano assistenti alla regia Irene Nocera e Giada Morreale con la collaborazione artistica di Simona Miraglia

Parolechiave: La, tragedia, della, parola.

Produzione: Teatro22/inARTE

Anno di produzione: 2020

Genere: Prosa

Il monologo. L’idea di ridurre a monologo il testo capolavoro di Shakespeare mi assilla da circa un decennio. Non uno spettacolo di narrazione. Hotello, quello con l’H, è unico personaggio. Artefice e carnefice. Vittima di se stesso. Contemporaneamente Iago e Otello. Affabulatore scaltro. Macchinatore bugiardo. Tesse una ragnatela, talmente sofisticata e perfetta. Da non poterne più sfuggire. Intrappolato e sconfitto. L’amore. La paura. La rabbia. E la fragilità. Hotello grida e piange. E riempie di parole. Il vuoto assordante. Un silenzio insopportabile. Hotello è un uomo. È un soldato. È un campo di battaglia. Hotello è un sogno. La verità e l’inganno. Hotello è pazzo. Tante e troppe le fonti che mi hanno ispirato. I percorsi e i livelli di analisi di un testo così grande. Lineare e tortuoso. E il tentativo, folle. Eliminando tutte le esemplificazioni, i giochi di ruolo, appigli. Per restituire un quadro sublime. Nella sua profonda complessità. E sincera contraddittorietà. Un ritmo frenetico. Una musica. Un urlo. Un ultimo bacio. Un amplesso. E una pugnalata al cuore. Un pugno allo stomaco. E rimane sospeso. Hotello. A mezz’aria. Che non sa più vivere. E nemmeno morire.
La tragedia della parola. Un classico. Un capolavoro infinito. Nell’Otello di Shakespeare protagonista assoluta è la parola. Nulla accade, se non attraverso la parola. Tutto l’agire si compie attraverso di essa. A prescindere dai diversi temi trattati. L’amore e la gelosia. Il femminicidio. Il potere. L’inganno. E la follia. Questo testo meraviglioso offre l’immagine di un uomo. Moderno eroe tragico. Che cade perché incapace di leggere il mondo. Non solo strumento. Non più rappresentazione, semplice o complessa. La parola è essa stessa realtà. Vera o presunta. Corrotta. Ingannata e distorta. Rendendo la conoscenza impossibile. E portando alla catastrofe. Non credo che oggi, dopo quattrocento anni, possa essere scritto niente di più attuale. In un mondo in cui la rappresentazione della realtà. L’apparenza è diventata più importante della realtà stessa.

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