Regia: Giulio Bellotto
Drammaturgia: Alice Guarente
Attori: Giulio Bellotto e Alice Guarente
Altri crediti:
Parolechiave: poesia, censura, coraggio, scelta, Achmatova
Produzione: La Corporazione
Anno di produzione: 2018
Genere: Prosa
Negli anni '40 in Unione Sovietica esplose un fenomeno spontaneo unico nel suo genere: Samizdat, pubblicato da sé. Riprodurre a mano o con la macchina da scrivere testi che la censura non avrebbe mai fatto passare. Libri proibiti ricopiati a carta carbone, distribuiti ad amici; idee e informazioni scomode diffuse rapidamente negli angoli più remoti del paese. Liste d’attesa lunghissime. I fascicoli del samizdat passavano di mano in mano e capitava di avere in lettura un testo solo per ore. Il lettore passava la notte in bianco, immerso nello scritto. Quanti uomini ebbero così tra le mani una copia clandestina di Requiem, il poema che Anna Achmatóva compose durante i diciassette mesi di prigionia del figlio? Quante donne? Quante le lacrime, quanti i ricordi, quante le speranze? C’è chi imprime nella memoria l'intero poema e per nasconderlo meglio custodisce parole come segreti, tenacemente e a costo della vita. Questa è la storia di una letteratura fatta di scelte, di coraggio e di paure; una letteratura che fu vita e che trova nuova linfa oggi, lungo la strada che dalla memoria di ieri ci traghetta al futuro attraverso vie che passano dalla cultura, dalla poesia e dal teatro.
L'amore per la parola poetica e la convinzione che ce ne si possa servire come strumento di conoscenza, tramite attraverso cui riappropriarsi del mondo in cui si vive. Conosciamo il '900 attraverso evocazioni e immagini, sonorità dure, conflitti e da paradossi. 1935; Anna Achmatova, dopo aver passato diciassette mesi in piedi davanti alle carceri di Leningrado per avere notizie di suo figlio Lev, scrive Requiem. Anzi, non può scriverlo. La censura costringe le sue amiche ad impararlo a memoria e poi a darlo alle fiamme. Anni ’50; il poema resiste, questa volta sotto forma di manoscritto clandestino. Dovrà attendere altri quarant’anni per essere pubblicato. Crediamo che il teatro possa dare voce alla poesia e viceversa; fin quando c'è qualcuno a leggere, finché qualcun'altro ascolta.
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