Regia: F. Brizzolara, V. Casali, R. Cravero, R. Tomellini
Drammaturgia: Viridiana Casali
Attori: Francesca Brizzolara, Viridiana Casali, Renato Cravero, Raffaella Tomellini
Altri crediti: Piano sonoro di Renato Cravero e Raffaella Tomellini Video ”Meduse" di Francesca Brizzolara Recital realizzato nell’ambito di Morenica_NET Estate. Edizione 2020 Si ringraziano per la collaborazione: Compagnia Andromeda, Facoltà di Infermieristica di Ivrea, Assessore alla Cultura Costanza Casali e Comune di Ivrea, Comune di Chiaverano, Festival dell'Architettura
Parolechiave: nuova drammaturgia, lavoro, olivetti, recital, Covid-free
Produzione: TECNOLOGIA FILOSOFICA / MORENICA-CANTIERE CANAVESANO
Anno di produzione: 2020
Genere: Prosa
Global Work è un progetto di nuova drammaturgia che ha quale punto di partenza alcuni testi tratti da “O pesci colorati, chi volete voi servire?” di Viridiana Casali, 2° volume dell’autrice, Marchetti Editore-2019 (il 1° nel 2015 “Tutto può capitare. A teatro”).
È un “ritratto italiano” post industriale con al centro il tema del Lavoro la cui prospettiva parte da uno dei luoghi sacri dell’imprenditoria illuminata, ora riconosciuto come sito Unesco, la Ivrea di Olivetti (dove l’autrice è nata e vive e dove risiede buona parte della compagnia). La proposta si colloca nello spazio-tempo rarefatto e sempre distopico che segue le catastrofi naturali e sociali, nella consapevolezza quotidiana che, a dirla con Asimov, nella vita a differenza che negli scacchi, il gioco continua anche dopo lo scacco matto. E ora, col Covid-19, nella catastrofe ci siamo in pieno: altro che scacco!
I testi, ispirati dalle opere di E. Hopper (Automat, 1927; Office in a small city,1953; Morning sun, 1952; Apartment Houses, 1923), ne condividono la sospensione e l’attesa. Una partitura per corpi e voci che hanno il lavoro come tarlo (lo hanno perso ma soprattutto lo cercano) e la precarietà come destino. In questa corsa truccata, per acciuffare il “codino”, per appropriarsi di un ruolo che conferisca solidità a identità instabili per natura, ci sono step, passaggi, livelli, come in un video game. Il primo e più fatale di questi “momenti della verità” è il “colloquio”. Tutti si imbattono prima o poi nella Selezionatrice, che un po’ come la democrazia di questi tempi, si dà per scontata ma a volte addirittura non c’è.
Enigmatica, imprevedibile, capricciosa, multiforme e multicanale, forse solo virtuale, perennemente in pausa caffè, la Selezionatrice medita sui candidati da scegliere nel gelo dell’aria condizionata e pensa alle estati di un tempo migliore. La sospensione come elemento fondante di un gioco via via più pericoloso (“Il gioco è una cosa seria. Anzi, terribilmente seria”, Jean Paul), la selezione come percorso di vita, come redenzione che apre a una “vita nuova” di cecoviana memoria, a una felicità possibile.
Rosaria Baby Sitter al suo primo colloquio, Mr Mobbing che uscito dal suo piccolo ufficio si è dato al Sirtaki dopo un mobbing di cinque anni, La donna del Primo Maggio smarrita davanti a “un giorno tutto per sé”, la cui figlia, nonostante la data, è forse andata ad un colloquio di lavoro... Una specie di Spoon River dei vivi dove, invece del paese del Midwest, c’è un paese che possiamo riconoscere e dove i personaggi non hanno più niente da perdere e decidono di dire e di dirsi. A volte inaspettatamente comici, scoprono loro malgrado parti di sé via via più segrete, accedendo, nella loro fuga verso una resurrezione possibile, a territori onirici in cui la memoria si confonde col desiderio. Sono bottiglie a cui è stato fatto saltare il tappo.
Un recital brillante di un'ora e poco più, che non vuole consolare nessuno ma che spesso ci strappa qualche risata.
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