Regia: Pietro Floridia
Drammaturgia:
Attori: Angelica Zanardi
Altri crediti:
Parolechiave:
Produzione:
Anno di produzione: 2008
Genere:
di Pietro Floridia e Angelica Zanardi; con Angelica Zanardi; scene di Nicola Bruschi; suono di Alessandro Saviozzi; costumi Loredana Vitale; aiuto regia Giulia Franzaresi;
organizzazione Monica Morleo e Giulia Pompili; regia di Pietro Floridia, realizzato con il contributo di Comune di Bologna - Settore Cultura e Rapporti con l'Università e
Provincia di Bologna - Assessorato alla Cultura e alle Pari Opportunità,una produzione Crexida e Compagnia del Teatro dell’Argine.
Una donna alla porta si affaccia dentro una casa. Si affaccia, quasi spiando dentro al proprio passato, nel tentativo, doloroso, di capire come è andata, di rimettere insieme i frantumi della propria vita e facendo questo ricostruire un’identità andata in pezzi, un senso, una percezione di sé che le permetta di andare avanti. Al centro dei suoi ricordi l’uomo della sua vita con cui ha condiviso un sogno d’amore, con cui ha messo al mondo tre figli, ma che a poco a poco da marito amorevole si è trasformato in carnefice, in una spirale di violenza psicologica e fisica che ha rischiato di annullare la donna, di trasformarla in un nulla.
BUCHI NEL CUORE nasce da un percorso di ricerca sulla violenza alle donne. Il testo è costruito sulla base di letture, incontri e interviste con donne che hanno subito violenza da parte del partner.
La parola chiave che ha guidato il nostro tentativo di raccontare questo fenomeno è stata “invisibilità”, declinata in tanti modi diversi: invisibilità del fenomeno che non viene percepito nella sua reale diffusione (la violenza domestica rappresenta la principale causa di morte e invalidità per le donne in età compresa tra i 16 e i 44, con incidenza maggiore di quella provocata dal cancro e dagli incidenti automobilistici; in Italia e il 31,9 % delle donne è stata o è vittima di violenza,); invisibilità degli atti violenti dell’uomo sulla donna, perché spesso avvengono dentro casa, a porte chiuse, mai in pubblico; invisibilità delle ferite sul corpo della donna, perché di solito le donne vengono picchiate in zone del corpo coperte dai vestiti in modo che dal di fuori sembri tutto normale; invisibilità della vittima che, vergognandosi di quello che subisce, raramente denuncia l’accaduto; infine invisibilità della persona che, in ragione di un martellante lavaggio del cervello, di un costante svilimento di sé, finisce per accettare il punto di vista del carnefice che la considera nulla, arriva a negare completamente la propria identità e spesso a scomparire come essere umano.
Per cercare di rendere questa “invisibilità”, dal punto di vista registico, abbiamo messo in campo un ampio uso del video e del suono, nonché una scenografia che costringerà lo spettatore a spiare attraverso specchi cosa avviene oltre la porta, dentro la casa in cui si consuma il massacro.
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