Regia: Carullo-Minasi
Drammaturgia: Di Pier Maria Rosso di San Secondo
Attori: Giuseppe Carullo, Cristiana Minasi, Gianluca Cesale, Manuela Ventura, Alessandra Ventura, Francesco Natoli
Altri crediti: Adattamento Carullo-Minasi
Parolechiave: Marionette che passione, Rosso di San Secondo, carullominasi, teatro, teatrocontempraneo
Produzione: Carullo-Minasi e Teatro Stabile di Catania
Anno di produzione: 2019
Genere: Prosa
La Compagnia Carullo-Minasi, in piena sintonia con la propria poetica, ha individuato il centro focale dell’analisi di “Marionette, che passione!” nella materia del teatro, o meglio nella capacità di quest’arte di avviare a un percorso di riconoscimento di sé.
Si è voluto esaltare il dissidio tra i tratti comici e gli accenti disperati che convivono nella drammaturgia di Rosso di San Secondo, in modo da dare libero accesso ad ambienti surreali. Viene così creata una sospensione temporale, un non precisato spazio che viene abitato da goffe e stanche maschere incapaci di creare ragionevoli relazioni con l’altro, ma soprattutto con il proprio tormento.
La scelta registica ha seguito le atmosfere del “varietà”. Da un grigio quadro di miseria e d’insoddisfazione di partenza, si inciampa dentro quadri dal colore tenue ma frizzante, popolati da marionette che sono illuminate appena dalla residua passione di vivere.
Alla storia narrata da Rosso di San Secondo, abbiamo sovrapposto il dichiarato gioco di sei attori che, attraverso il proprio agire scenico, evidenziano la disperazione del dovere o volere “stare sulla scena”.
Tre donne e tre uomini interpretano anche più personaggi la cui caratteristica comune è di non avere un nome ma un buffo costume o attrezzo che spicca in modo prominente sulla scena, immediatamente dichiarando al pubblico d’essere ancorati a quell’unico crudele elemento che ne racconta l’intero destino. L’attore viene insomma condizionato e manipolato dall’elemento scenico che lo rappresenta, fino a fare tutt’uno con esso, anzi fino a trasformarsi nella marionetta che per lui costituisce, appunto, l’unica passione che ancora lo tiene in vita e che, contemporaneamente, lo rende vittima di se stesso. L’obiettivo è stato quello di costruire un quadro univoco dove attori, oggetti e testo stessero sullo stesso piano, tramutandosi in un corpo unico al servizio dei temi portanti dell’opera: la ricerca costante di un’identità e dell’amore. Da qui la scelta di una scenografia che potesse esaltare la potenza e il senso del teatro inteso quale soglia, varco, limite da attraversare per potere continuare a nutrire l’illusione dell’esistere.
Con l’ironia e il sarcasmo che da sempre caratterizzano la poetica dei propri spettacoli, la Compagnia Carullo-Minasi tenta di disancorare il peso della vita, il tragico dell’esistere, per affidarsi alla potenza della leggerezza. Si vola a mezz’aria, nel tentativo di essere coinvolti in prima persona nel sogno di speranza che appena fiata, come un palloncino che fugge ancora per un attimo prima di sgonfiarsi per l’ultima volta. Quella di Marionette, che passione è una messa in scena tragicomica, un gioco triste come il gioco antico del teatro che tutto tiene e tutto fa fuggire via, nella fatua apparizione destinata a morire nell’attimo in cui appare.
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