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No Land Lady

Camilla Brison

Genere Prosa Performance
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Regia: Camilla Brison

Drammaturgia: Greta Cappelletti

Attori: Ippolita Baldini, Astrid Casali, Daniele Natali, Anahì Laura Traversi

Altri crediti: vocal coach Sara Persali elementi scenografici Tommaso Osnaghi costumi Rosa Mariotti tecnico di compagnia Rossella Corna Finalista del Concorso Giovani Registi under 30 della Biennale di Venezia 2018.
Vincitore del Bando Cura Residenze Interregionali 2020.
In residenza presso OTSE – Officine Theatrikès Salento Ellàda, 
R.A.M.I. Residenza Artistica Multidisciplinare ILINXARIUM e 
Elsinor - Centro di Produzione Teatrale, Teatro Cantiere Florida. Con il sostegno di Chronos3 Compagnia Teatrale. La compagnia ringrazia Marianna Folli e Nina's Drag Queens.

Parolechiave: Giorgione, Tempesta, Straniero, Casa, Drammaturgia Contemporanea

Produzione: Autoproduzione, Bando Cura 2020; OTSE- Officine Theatrikés Salento, Chronos3 Compagnia Teatrale.

Anno di produzione: 2020

Genere: Prosa Performance

Nota dell'autrice:
Quando ho iniziato a scrivere No Land Lady, avevo con me diverse immagini di una città, la solitudine di certi suoi paesaggi e degli interni di case che ho potuto solo scrutare e che non ho mai sentito come vere abitazioni ma, piuttosto, come rifugi provvisori. A poco a poco, sono affiorati i dialoghi e i personaggi ma, ancora adesso, penso che non sia il gusto per una storia e un intreccio a costituire No Land Lady, bensì, un ritmo e un senso di malessere legato all’abitare o, ancora meglio, provare ad abitare uno spazio, reale o immaginario.
Un quadro che è stato fonte di numerose suggestioni è La tempesta di Giorgione, un dipinto catalizzante, dotato di una struttura e di un paesaggio, concreto e onirico al contempo, che vive sotto il peso di una minaccia. Soffermandosi meglio sulle figure: il personaggio di lui è un omino di cima che si è accorciato i pantaloni e che sorregge un bastone come fosse la lancia di un guerriero privata della punta, le due colonne sono spezzate a suggerire un’antichità che si sta rompendo, la natura si scopre e trova il suo massimo nella madre che allatta un piccolo.
Il gioco tra i personaggi è una relazione che mi affascina per la sua irresolutezza: lui osserva la donna quasi a proporsi come possibile compagno ma, per la sua distanza e il sorriso ingannevole, può esserle anche nemico mentre lei, nuda e vulnerabile, osserva noi.
Un altro gioco è quello proposto dall’ambiente circostante, perché i tre sono ai margini della città o, se preferiamo, del borgo. Il nucleo di case, che sembrano come sbarrate, è interrotto dagli alberi e il peso della minaccia arriva dall’alto, ovvero, il temporale.
Ciò che più mi suggerisce legami con No Land Lady sono i rapporti ambigui, a metà tra calore umano e minaccia, il senso di atemporalità ma anche la difficoltà di slegarsi a un passato, le figure dipinte in primo piano che risultano, paradossalmente, ai margini dell’ambiente cittadino. Flora è la nostra colonna spezzata, una donna che desidera mettersi in contatto con la propria infanzia sino a risultare ridicola e che ha difficoltà a calarsi nel qui e ora. Luder è l’omino di cima, uno straniero abituato a chiedere ospitalità, amante caloroso e potenziale minaccia al tempo stesso, mentre Lucy, la donna nuda, è un personaggio vulnerabile e innamorato, incapace di slegarsi dall’ambiguità che la tiene salda a Luder.
Nota della regista:
No Land Lady è stato scritto e va sul palco ispirandosi a La Tempesta di Giorgione.
 Il testo è come un prisma per la storia dei quattro personaggi: mi ha catturato l’assenza di linearità temporale e certe didascalie oniriche, che mostrano cose che potrebbero sognare e quindi potrebbero volere i personaggi. In questo modo l’autrice ha scombinato il consequenziale e ha creato una commistione tra vero e diversamente vero, dando l’occasione di guardare, anziché cercare di capire. Ho provato a restituire un’estetica che abbia a che fare con lo stupefacente, più più che col bello.

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