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La Classe - un docupuppets per marionette e uomini

Cranpi

Genere Figura
Cachet:Informazione riservata agli Organizzatori
Premi: In-Box 2019
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Regia: Fabiana Iacozzilli

Drammaturgia: Fabiana Iacozzilli con la collaborazione di Marta Meneghetti, Giada Parlanti, Emanuele Silvestri

Attori: Michela Aiello, Andrei Balan, Antonia D’Amore, Fabiana Iacozzilli, Francesco Meloni, Marta Meneghetti

Altri crediti: collaborazione artistica Lorenzo Letizia, Tiziana Tomasulo, Lafabbrica scene e marionette Fiammetta Mandich luci Raffaella Vitiello suono Hubert Westkemper fonico Jacopo Ruben Dell’Abate foto di scena Tiziana Tomasulo consulenza Piergiorgio Solvi produzione e comunicazione Giorgio Andriani/Antonino Pirillo con il supporto di Residenza IDRA e Teatro Cantiere Florida/Elsinor nell'ambito del progetto CURA 2018 | e di Nuovo Cinema Palazzo | e di Nuovo Cinema Palazzo |e con il sostegno di Periferie Artistiche Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio

Parolechiave: teatro di figura, documentario, puppets, autobiografia.

Produzione: CrAnPi in coproduzione con Lafabbrica, Teatro Vascello, Carrozzerie | n.o.t

Anno di produzione: 2018

Genere: Figura

Dal 1983 al 1988 io e altre trenta anime siamo stati gli alunni di una classe elementare in un istituto gestito da suore e che oggi ospita una casa per ferie. L’Istituto portava il nome di Suore di Carità. La nostra unica maestra, anche lei suora di carità, era Suor Lidia ed è morta più di vent’anni fa. A distanza di trent’anni ho deciso che avrei realizzato uno spettacolo a partire da quei ricordi e mi sono messa alla ricerca dei miei ex compagni, ritenendo indispensabile ricreare quella “comunità” con la quale ho condiviso l’esperienza in questione. Per iniziare a ricomporre i tasselli della “storia” li ho intervistati, ponendo loro domande molto semplici: “Com’era Suor Lidia?”; “Cosa ti ricordi di lei?”; “Ti ricordi cosa accadeva in classe?”; “Sei stato felice quando è morta?”. Parallelamente al lavoro sulle interviste Fiammetta Mandich ha realizzato dei fantocci/burattini a immagine dei miei compagni, per far interpretare loro gli episodi da noi vissuti tra i sei e i dieci anni di vita. Da questa prima fase d’elaborazione dei materiali è emerso lo spettacolo: un docupuppets fatto da pupazzi e da uomini, ma anche un rito collettivo in bilico tra La Classe morta di Kantor e I cannibali di Tabori in cui l’adulto rilegge i ricordi di un’infanzia vissuta nella paura di buscarcele, interpretati da pupazzi in mano a un misterioso deus ex machina. Questi ricordi/pezzi di legno, bambini ridotti a marionette, fantocci di gioventù morte, impotenti e manipolati come oggetti, si muovono senza pathos su dei tavolacci che ricordano banchi di scuola, tavoli da macello o tavoli operatori di qualche esperimento che fu. Nel silenzio dei loro passi, questi corpicini di legno si muovono in un Mondo-Suor Lidia che pure Dio abbassa lo sguardo quando la vede. Suor Lidia, unica presenza in carne ed ossa, figura viva di donna o uomo in mezzo a tutti questi oggetti, sfugge alla vista di pupazzi e pubblico. In questa riflessione sul senso profondo del ricordo i miei compagni mi hanno aiutato a trovare una rotta e, infine, a comprendere la natura del lavoro. La Classe ha trovato il suo vero significato nel momento in cui ho rinunciato a quello che volevo raccontare in origine e mi sono messa in ascolto della materia che stavo indagando. A quel punto è emersa una domanda, la domanda intorno alla quale lo stesso spettacolo s’interroga: “che cosa ci facciamo con il dolore?”; “cosa ogni essere umano è in grado di diventare a partire dal proprio dolore?” Dal vuoto allora è emerso il ricordo di una scena in cui Suor Lidia mi affida la regia di una piccola scena all’interno della recita per la festa della mamma. E decide, forse, insieme a me la mia vocazione. Dunque La classe è uno spettacolo che voleva parlare di ABUSI DI POTERE ma parla di VOCAZIONI. La mia e la sua. Uno spettacolo in cui tutti hanno ragione: sia quelli che dicono che nessuno guarisce dalla propria infanzia, sia quelli che dicono che tutto dipende da quello che ci facciamo con la nostra infanzia.

Per visualizzare il video integrale devi essere registrato come operatore o teatro e aver eseguito l'accesso.

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