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FAIL

Francesca Franzè

Genere Prosa
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Regia: Francesca Franzè

Drammaturgia: Letizia Buoso

Attori: Francesca Franzè e Michele Mariniello

Altri crediti: concept e regia Francesca Franzè con Francesca Franzè e Michele Mariniello dramaturg Letizia Buoso costumi Antonio D’Addio disegno luci Mauro Faccioli con il sostegno di Industria Scenica, Residenza Idra, Teatro Due Mondi, Molino Rosenkranz

Parolechiave: azienda, fallimento, imprenditore, padre, figlia

Produzione: Francesca Franzè con il sostegno di Industria Scenica, Residenza Idra, Teatro Due Mondi, Molino Rosenkranz

Anno di produzione: 2017

Genere: Prosa

Crisi economica, dal 2007. Coinvolge tutti, anche me.
L’uomo, l’imprenditore, il padre: quando fallisce un’azienda, è una specie di Giudizio Universale. Porti i libri contabili in tribunale e devi fermarti. Il curatore fallimentare mette i sigilli sulle porte: non puoi più rientrare. Non sei riuscito a far brillare quel gioiellino che avevi in testa.
La figlia, che sta diventando una donna e un'attrice: il tratto di strada che si compie per diventare adulti diventa bruciante se non puoi vedere l’inizio del sistema di scelte in cui sei inserito. Il processo decisionale si complica, procedi a balzi.
Attorno, gli scarti di lavorazione di un’impresa che non esiste più tornano ad essere tracce accese.

Come affrontano padre e figlia la crisi economica dei nostri giorni e il fallimento di una piccola media impresa?
FAIL parla di imprenditorialità e di resistenza. Di naufragio e di rinascita.
FAIL è la rilettura incarnata del legame tra una figlia e un padre passato attraverso l’esperienza del fallimento della sua azienda, dove lavorava il plexiglass. La necessità di parlare di questa vicenda autobiografica nasce dalla volontà di sperimentare drammaturgicamente il personale e creare delle connessioni con una rete sociale che coinvolge l’economia per sé, per la propria famiglia, per la città, per lo stato e per tutto l’ambiente complessivo.
Essere alla ricerca attraverso il teatro permette di trovare filtri e figure, rimanendo aperti alla dimensione del sogno, della possibilità, della bellezza. Non perdendo mai di vista la forte capacità di rispecchiamento che la storia è in grado di suscitare in chi la guarda e la ascolta, in questo determinato momento storico, dove l’esperienza del fallire è condivisa, sperimentata da molti, inserita nel quotidiano.

FAIL è il nostro attraversamento del naufragio, lavorativo ed esistenziale. La fatica del restare vicini.

In scena un prisma di figure – io, Francesca, che sono coinvolta per la mia biografia e lavoro sul personaggio di me stessa; un attore, Michele, che lavora sul personaggio di se stesso e mi sostiene, mi completa; entrambi siamo attraversati dalle funzioni dei personaggi di chi era coinvolto - che affiorano, si riconoscono, si scontrano, per tornare a procedere e creare.
Il pubblico più che spettatore è testimone e può rispecchiarsi in ciò che guarda perché oggi riguarda tutti.

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