Regia: Valentina Malcotti
Drammaturgia: Davide Lo Schiavo
Attori: Valeria Sara Costantin
Altri crediti: costumi Antonella De Iorio scenografie Antonella De Iorio, Verdiana Moretti, Debora Riva realizzazione scene Gianmarco Malcotti
Parolechiave: terremoto, morte, identità, rinascita, friuli
Produzione: Compagnia Chronos3
Anno di produzione: 2016
Genere: Prosa
SINOSSI
Maria Fantìn è una giovane ragazza di Gemona che sogna di diventare un’abile sarta e lavorare in un atelier di moda a Parigi. Il terremoto sconvolge la sua realtà: Maria rimane imprigionata sotto le macerie,, non riesce ad uscire. In uno spazio ed un tempo in continuo mutamento ripercorre la sua vita nel tentativo di ritrovare la propria identità per sfuggire alla cinica Nostra Signora Morte, anch’essa rimasta incastrata sotto il terremoto, suo malgrado. Le parole di Maria rievocano la sua vita passata: l’infanzia, le amicizie perdute, il primo amore, la prima discoteca, il lavoro in manifattura, la Gemona sconosciuta di prima del terremoto, la sua famiglia.
Maria combatte fra passato e futuro sospesa in un limbo di attesa: oscillando tra vita e morte, le circostanze del crollo e lo scacco con Nostra Signora Morte, la costringeranno a compiere una scelta decisiva.
PRESENTAZIONE
Il terremoto come metafora dell’esistenza.
Prima e dopo una scossa: la necessità vitale di fare una scelta.
Il progetto nasce da un lavoro di ricostruzione e indagine preliminare sul territorio friulano, condotto dalla regista e dal drammaturgo, realizzato con video interviste ad abitanti, artigiani e imprenditori gemonesi di diverse età.
Lo spettacolo è un monologo tragicomico che vede in scena una sola attrice che interpreta più personaggi.
Determinante per la creazione dei personaggi è stato l’elemento linguistico: alla lingua italiana si alternano
i caratteri della lingua friulana e del dialetto triestino.
Maria, la protagonista, sotterrata sotto le macerie, non ha più una direzione. Sola in scena, con i suoi ricordi e le sue visioni. Che cosa sono davvero queste macerie? Sono realmente i sassi e le travi della casa entro cui ha sempre vissuto, ma vogliono essere anche, metaforicamente, le costrizioni morali e le paure che le impediscono di accorgersi di quale sia veramente il suo bisogno.
Maria infatti compie una parabola che la porta a ripercorrere il passato per capire qual’è la sua vera identità, superare i limiti che non è mai riuscita ad oltrepassare.
Vediamo Maria bambina, nel suo ruolo di figlia, la vediamo che cerca di costruire un’amicizia e alle prese con il primo amore, scopriamo il suo rapporto con la maternità, la sua difficoltà di affrontare un lavoro che non le piace, Maria e il rapporto con la morte.
La scelta di dare alla protagonista il nome di “Maria” fa sì che la giovane donna diventi rappresentante di tutto il genere femminile: Maria nella sua vita terrena, imprigionata sotto le macerie e a Maria nella sua assunzione in cielo, a metafora del superamento della morte e del raggiungimento della vita vera.
C’è un ulteriore personaggio che fa da cornice e che tesse la trama del destino di Maria: è Nostra Signora Morte, donna triestina, rimasta incastrata sotto le macerie insieme alla giovane.
Durante lo spettacolo Morte cerca di portare a compimento il suo principale obiettivo: avvicinarsi a Maria, sedurla e prendere la sua vita.
Informazione riservata agli Organizzatori
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