Regia: Niccolò Matcovich
Drammaturgia: Rosalinda Conti
Attori: Chiara Aquaro Chiara Della Rossa Armando Quaranta Simone Ruggiero
Altri crediti: aiuto regia Riccardo Pieretti scenografia Davide Germano aiuto scenografia Federica Foschia grafica Eleonora Danese ufficio stampa Marta Scandorza
Parolechiave: drammaturgia scenica, rapporto di coppia, habitas, surgelami
Produzione: Habitas
Anno di produzione: 2017
Genere: Prosa Performance
La nostra società esalta l’individuo, teme l’aggregazione, svilisce la collaborazione; divide, isola, scoraggia l’idea di futuro. Abitua al consumo dell’attimo presente. Se il consumismo, da fenomeno politico-economico, arriva a diventare la modalità di connessione con l’altro, l’atteggiamento interpersonale imperante, come può sopravvivere la parola “noi”?
“Surgelami – per scongelarmi in tempi migliori” accoglie questa domanda aprendola ulteriormente, nel tentativo di esplorare la complessità, l’incoerenza e la fragilità del rapporto di coppia, oggi. L’imperativo, la richiesta di essere surgelati – ammissione di un’effettiva inettitudine a vivere nel presente – è la provocazione iniziale dalla quale si è sviluppata la drammaturgia scenica del progetto.
Indifferente all’idea di costruire un’architettura fissa e riconoscibile, ma curioso invece di indagare le possibilità del dire e dell’agire in scena assumendosi il rischio dell’imprevisto, lo spettacolo comprende diversi linguaggi, non ultimi i momenti di improvvisazione e interazione diretta tra attori e pubblico, destinatario ma anche co-protagonista della messa in scena.
Quattro fasi scandiscono l’azione scenica: 1. Farfalle 2. Struttura. 3. Catastrofe 4. Domani, a delineare il percorso ipotetico di una relazione. Dialoghi ora realistici ora paradossali si susseguono per mezzo di quattro attori in uno spazio esploso, che prevede la distruzione della quarta parete e quindi la presenza dello spettatore a 360 gradi.
Un frigorifero, unico elemento scenografico, raccoglie gli avanzi di ciò che accade per accogliere poi, uno per uno, i quattro attori a turno surgelati, nell’incapacità di comunicare con l’altro e nella necessità di uno spazio privato in cui dar sfogo a un atto privato, come un flusso di coscienza.
Un finale aperto, passibile di una doppia lettura, lascia allo spettatore la responsabilità di fare propria la domanda iniziale “perché non siamo più pronti?”; chissà se a questa domanda qualcuno potesse rispondere “vogliamo esserlo”.
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