Regia: Nicolas Grimaldi Capitello
Drammaturgia: Nicolas Grimaldi Capitello
Attori: Nicolas Grimaldi Capitello
Altri crediti: Composizion-Drammaturgia musicale: Sika Ideazione luci: Nicolas Grimaldi Capitello Grafiche: Luigi Sica e Nicolas Grimaldi Capitello Co-Produzione: Compagnia Körper Video: Ciro Scognamiglio Foto: Sabrina Cirillo e Federica Capo Residenze: L'asilo e Centro coreografico Körper Ringraziamenti a: Francesco Russo, Luigi Sica, Eleonora Greco e Fabiana Pellicoro
Parolechiave: performance, contemporary art, spettacolo per tutti, Physical theater, arte
Produzione: Compagnia Körper
Anno di produzione: 2017
Genere: Teatroragazzi (8-18) Danza Teatro-danza Performance Altro
“L’amore è l’arte più difficile. E scrivere, danzare, comporre, dipingere, sono la stessa cosa che amare. Funambolismi. La cosa più difficile è avanzare senza cadere.”
(Maxence Fermine, Neve, 1999)
La creazione si ispira alla storia di Philippe Petit considerando il tema del funambolismo come la metafora della vita stessa, ovvero l’attitudine dell’uomo di destreggiarsi in situazioni complesse ed intricate come se corresse su di un groviglio di corde sottili.
Il solo è il racconto di un sogno, la brama della vetta più inaccessibile all’uomo: il volo! Come può riuscire l’uomo con i piedi per terra a trovare le sue ali?
Il performer identifica nei rollerblade le sue ali e contemporaneamente il suo filo (rifacendosi al concetto di “il funambolo” di J. Genet) come un bambino che gioca, ripete, cade, si rialza e ancora, tantissime volte, fino al limite fisico, tutto questo per imparare a “volare” a suo modo. Un vero inno all’arte circense, fatta di pericolo, tentativi, limiti, sforzo disumano, gesti re-iterati ma sempre in maniera diversa, con una faccia diversa, con un muscolo teso in un altro modo, con gli occhi segnati dalla stanchezza, con le gambe che tremano. Un omaggio alla fatica, al corpo ma senza mai finalizzare il lavoro al corpo stesso, mettendo il tutto al servizio di un messaggio: ispirato dal film “Birdy – Le ali della libertà” di Alan Parker, il coreografo racconta di un uomo che rappresenta tutta la razza umana tesa nello sforzo di trasformarsi in un piccione senza imitarlo, pur mantenendo integra la propria umanità! Tutto questo è narrato con una poetica iper-sensibile, che ci mostra un individuo inizialmente immerso in uno stato schizofrenico, diviso tra il cielo e la terra, intento in ripetizioni, sviluppi e studio di un tentativo in mille varianti ed infine affondato in uno stato catatonico, rassegnato all’idea di non essere niente più di un umano qualunque, senza ali, senza cielo da attraversare, l’uomo distrutto dal malessere e dei drammi della società che, rinchiuso nella sua pazzia, riesce a trovare il suo spiraglio di luce… o no!
Fondamentale è il contatto con il pubblico, come per espandere il messaggio, renderlo di tutti i presenti e non solo del performer.
In scena c’è il racconto di un uomo, un piccione, il coreografo stesso che danza alla ricerca della libertà propria ed altrui, libertà non solo intesa fisicamente ma anche moralmente, mentalmente, sentimentalmente, la libertà di amare sè stessi, le persone, l’umanità, la libertà di creare, divertirsi e danzare come si vuole senza limiti, perché il limite è il peggior nemico dell’uomo.
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