Regia: Ernesto Orrico
Drammaturgia: Ernesto Orrico
Attori: Ernesto Orrico Massimo Garritano (musicista)
Altri crediti: musiche originali eseguite dal vivo da Massimo Garritano collaborazione artistica: Emilia Brandi realizzazione scena: Ernesto Orrico e Antonio Giocondo foto originali presenti nella scena: Matteo Ianni Palarchio luci e audio: Antonio Giocondo
Parolechiave: narrazione, Calabria, emigrazione, USA, anarchia
Produzione: Zahir Associazione Culturale
Anno di produzione: 2016
Genere: Prosa
Chi è Giuseppe “Joe” Zangara? Un emigrante insoddisfatto della sua vita, un freddo assassino, un anarchico un po’ naif, un insolito comunista, un lucido protagonista del suo tempo o un uomo solo e disperato? Il testo presentato nello spettacolo/concerto “La mia idea” prende liberamente spunto dal memoriale che lo stesso Zangara scrive pochi giorni prima di essere giustiziato nel penitenziario di Raiford in Florida. Un racconto in prima persona della vita del piccolo emigrante calabrese che, attentando alla vita del presidente degli Stati Uniti Franklyn Delano Roosvelt, avrebbe potuto modificare il corso della storia. Il suo “delitto contro lo Stato” viene punito con un “delitto di Stato”, a 33 anni muore fulminato sulla sedia elettrica, il 20 marzo del 1933. La lingua del personaggio-Zangara è un italiano imbastardito dal dialetto reggino e ibridato da numerosi intercalari in inglese-americano, una costruzione linguistica che cerca una verità teatrale non necessariamente sovrapponibile alla verità del personaggio storico. Non c’è il tentativo di una ricostruzione filologica della personalità di Zangara, piuttosto, attraverso l’intreccio tra voce monologante e le sonorità degli strumenti a corda, si esercita la possibilità di animare la (auto)biografia sentimentale di un condannato a morte. La vicenda narrata è emblema e pretesto per far emergere le storie di una umanità dolente accomunata dall’emigrazione, le storie di uomini e donne senza nome che non hanno raggiunto il ‘sogno americano’, e che nel tentativo di raggiungerlo si sono scontrati con ostacoli insormontabili, con difficoltà che li hanno condotti verso esiti tragici. (Ernesto Orrico)
Mi sono avvicinato a questo lavoro con discrezione, cercando di evitare interventi didascalici e favorendo un punto di vista evocativo. Io sono, a volte, Joe Zangara: il suo dolore, la sua rabbia, i suoi pensieri. Ma sono anche ciò che lui incontra, vede, osserva, tocca. I due strumenti che utilizzo ― il bouzouki e il dobro, meglio conosciuta come chitarra resofonica ― non vengono usati in maniera ortodossa ma servono piuttosto per dare una collocazione spazio-temporale alla storia e al personaggio. Il bouzouki, strumento di origine greca, rimanda al Mediterraneo e quindi in un certo senso alla Calabria. La chitarra resofonica, invece, è strumento proprio degli Stati Uniti, costruita intorno gli anni ‘20, contemporaneamente alle vicende del protagonista. Nel corso dello spettacolo mi ritaglio momenti di libera improvvisazione, reagisco agli impulsi emotivi che la storia emana attraverso l’interpretazione dell’attore, intervenendo in punti sempre differenti e con un approccio non convenzionale. (Massimo Garritano)
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