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E La Bellezza Non Potrà Cessare...

Teatro Labile

Genere Prosa Teatro-danza Performance
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Regia: Giovanni Delfino (Teatri del Vento)

Drammaturgia: Testi di Alda Merini + preghiera in aramaico, adattamento drammaturgico Giovanni Delfino

Attori: Sabrina Iannello

Altri crediti:

Parolechiave: primavera, multidisciplinare, bellezza, rinascita, sacrificio

Produzione: Teatro Labile in co-produzione con Teatri del Vento

Anno di produzione: 2015

Genere: Prosa Teatro-danza Performance

3 linee espressive: scrittura di A. Merini, musica “Le Sacre du Printemps” di Stravinsky, pittura di Sabrina Tacci.
I temi richiamati in tal modo compenetrativo sono attuali ed archetipici; il rito pagano di Stravinsky diviene sacrificio imposto, non consapevole ma veicolato, che una società non evoluta può imporre all’individuo nel rinunciare alle proprie facoltà etiche, estetiche e spirituali; il rito di “speranza” è ricostruito nell’evocazione di presenze pittoriche e nel rilancio poetico della sapiente ed ancestrale scrittura di A. Merini. Un prologo, una I parte de “Le Sacre du Printemps”, un intermezzo, una II parte de “Le Sacre du Printemps”, una trasformazione, una preghiera, una III parte “Il Condominio dell’Esistenza”, un epilogo. La parola cerca il corpo, il corpo anela alla presenza, la presenza cerca il suono, il suono evoca le figure, le figure riconducono al corpo; in questo cerchio si opera il sacrificio, quel sacrifico che può render vane le virtù privandole della grazia, quelle virtù che condannano all’autocompiacimento o al caos patologico se non nutrite di una crescita organica e funzionale. E’ la grazia ritrovata che tentiamo di far riaffiorare attraverso una lotta che ogni attimo la vita fa per farci riappropriare di una grazia congenita, lotta che denuncia il congestionamento del concetto di volontà invitandoci a sviluppare capacità per “lasciarsi vivere” nel senso più profondo del termine, lotta che l'artista vive e indica nel suo irrazionale ma organizzato bisogno di integrità e appartenenza.
Tra i temi spicca quello della donna in relazione alla terra, al cosmo, alla ciclicità, alle potenzialità di creare, ricreare e ricrearsi. Le varie dimensioni di donna-fanciulla, donna-madre, donna-oggetto, donna-divina, si articolano in una danza degli opposti ove la contraddizione dalla conflittualità si elevi a fonte di energia. Ogni frammento si introduce come nuova totalità, ogni totalità come frammento di una totalità più grande che lascia spazio al concetto di immensità, in questa immensità ci rivolgiamo all’arte per orientarci e ridefinire un tempo-spazio sostenibile ove la bellezza possa ciclicamente riaffiorare mutando il nostro punto di vista sul creato. L’atmosfera si colora di emozioni diverse, dalle più truci ed angoscianti a quelle più gioiose,idilliache e luminose, ed in queste emozioni la drammaturgia sottile scolpisce un inno alla consapevolezza nel prendere coscienza di ciò a cui rinunciamo e di ciò a cui veniamo sottoposti quotidianamente malgrado le nostre aspirazioni spirituali. Nel continuo clamore dei sensi, nei cambi di luce, ritmi, armonie , linee e parole, in una logica creativa che faciliti la percezione e la lettura dei diversi aspetti dell’essere, in una schizofrenia che re-integri il diritto alla vita, il nostro lavoro invita poeticamente a cercare di non capire ma piuttosto a lasciarsi comprendere, ri-chiedendo all’attrice la virtù di farsi tramite di questi infiniti mondi in modo coerente.

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