Regia: FILIPPO FRITTELLI
Drammaturgia: FILIPPO FRITTELLI
Attori: FILIPPO FRITTELLI BENEDETTA BICCERI
Altri crediti:
Parolechiave: Nietzsche, assenza, religione, fede, pittura
Produzione: UNDERWEAR THEATRE - MJASMA PROJECT
Anno di produzione: 2016
Genere: Prosa Performance Installazione
Sinossi
I suoni del culto scandiscono il passare del tempo. Un prete vive una crisi di fede. Il luogo è la sua stanza, la sacrestia. La sua perpetua appare come un elemento muto, stabile, quasi geometrico di un mondo che propende al caos. L’uomo gioca con abiti militari ed espone visioni e filosofie deflagranti, si subodora un passato che non vuole essere affrontato. Il rapporto con la perpetua, esclusivo e monomaniacale, appare come l’unico elemento a cui appigliarsi, ma rimane sospeso fra un bisogno d’amore ed una volontà di potenza. Un’ambiguità che finirà per assurgere ad impotenza per l’assenza di un futuro in cui il suo destino pare precipitare. L’uomo cerca adepti verso un nuovo corso della storia, ma la ripetizione degli obblighi liturgici lo tiene imprigionato nel meandro delle sue stesse pulsioni.
Messinscena
Il progetto di questo spettacolo si sviluppa nella collaborazione col pittore Alessandro Azzario di Torino. L’idea di base era quella di racchiudere il pensiero di Nietzsche in un contenitore che potesse rifrangere in maniera adeguata i profondissimi contenuti del filosofo ottocentesco verso l’oggi. La genesi iniziale dell’idea spunta dalle prime 40 pagine del libro “L’Anticristo” in cui Nietzsche senza risparmi, pagina dopo pagina, scava e vortica sopra e sotto dogmi e concetti di religione e di clero, in una maniera che non riesce a lasciare indifferenti. Lo scrittore demolisce e trita, liberando la vicenda umana da ogni speculazione metafisica e creando un vortice d’aria che rieccita l’intera materia organica.
Di tutto questo volevamo riportarne in qualche maniera l’odore, il sapore, ne sentivamo la necessità in questo momento storico, stuzzicati oltre misura dal fatto che si trattava di un autore praticamente non conosciuto dal teatro.
Nel testo vi è un senso di mistero che ripercorrendo i moti d’animo delle antiche popolazioni della Terra, prima dell’avvento del Cristianesimo, di mano in mano avvolge il lettore, e nell’adattamento scenico questo mistero è catturato dalla pittura di Alessandro Azzario. Le sue immagini in tela e video, che semplicisticamente possano definirsi “ispirate all’assenza” avvolgono la performance. Ed i personaggi stessi paiono usciti dai quadri. Il protagonista sia in versione monacale sia in versione militare rappresenta la dicotomia che pervade le tele nel bianco e nel nero, e la perpetua, senza volto, sembra l’incarnazione nel suo movimento silenzioso e lineare delle geometrie d’Azzario, dell’assenza a guidare l’esistenza. Ed in fondo questo spettacolo forse vuole dirci che nel momento in cui l’uomo perde ogni sua fede, l’assenza di ciò che più ci manca, diviene l’unica alternativa possibile.
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