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CANI

369gradi

Genere Prosa
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Regia: Vincenzo Manna

Drammaturgia: Vincenzo Manna

Attori: Aram KianFederico BrugnoneZoe Zolferino

Altri crediti: con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio, Florian Metateatro, CapoTrave/Kilowatt<br /> disegno luci Javier Delle Monache<br /> costumi e oggetti di scena Cassepipe Compagnia

Parolechiave:

Produzione: 369gradi srl

Anno di produzione: 2017

Genere: Prosa

Una postazione di alta montagna al confine tra due paesi differenti per etnia e religione. Due soldati a guardia di un passaggio di frontiera. Dopo due anni di isolamento K, il più anziano dei due, si imbatte in un uomo e, convinto che sia una spia, lo imprigiona. Subito dopo, anche una ragazzina raggiunge la postazione. Dice di essere la figlia dell’uomo, c’è stato uno scambio di persona, suo padre è solamente un pastore. Ma K non le crede e imprigiona anche lei. Cani è un lento scivolare nella follia, una progressiva degenerazione della mente e del corpo, un disperato tentativo di sopravvivenza al cospetto di una natura maestosa che, nella sua immutabilità, può essere solo spettatrice dell’incredibile violenza umana. Il lavoro nasce come un esperimento puramente drammaturgico intorno alla figura di K, personaggio creato da Kafka ne Il Castello, e diventato negli anni topos letterario, tanto da dare vita a una lunga tradizione che va da Kafka e copre un arco di quasi due secoli. K ha assunto nel tempo molteplici sfumature: si è passati dal perseguitato kafkiano, all'uomo dall'identità scissa della Kristoff, fino ad arrivare al miserabile ritardato di Coetzee. Ma ne è sempre evidente l'origine comune, l'appartenenza alla stessa radice, a una sorta di archetipo che fa di K l'exemplum dell'uomo comune in lotta contro nemici ineluttabili contro i quali alla fine non può che soccombere. Cani, si inserisce in questa tradizione. Riprende il personaggio creato da Kafka e lo fa diventare un soldato di leva. Questa condizione umile è un tratto tipico dei vari K alternatisi negli anni sulla scena letteraria. In Cani, però, per la prima volta vediamo un K animale, violento, che cede irreversibilmente alle pulsioni più profonde, quelle che solo “secoli” di rabbia e frustrazione possono scatenare. Il K di Cani è un personaggio scomodo, ributtante, che non potendo distruggere un nemico che non c’è, finisce per distruggere tutto ciò che gli sta intorno e, ancora non pago, culmina questo orgasmo distruttivo, in una delirante distruzione di sé stesso. E’ quella la fine ideale che sugella e innalza fino al sacrificio, l’impotenza di un uomo che non è riuscito a trovare risposta alle domande di senso e significato che si è posto. Come portare in scena un materiale così denso e compromettente? Dopo la scrittura del testo, abbiamo scelto di procedere per gradi, lavorando per brevi periodi e residenze dilazionate nel tempo. Questo procedimento ha l'enorme vantaggio di radicare in profondità il processo creativo e spostare via via la soglia del “lecito”. E il processo è ancora in atto. Cani è ambientato in alta montagna. Quello che stiamo facendo è una mappatura dei sentieri già aperti e praticabili, e dei passaggi che sarebbe necessario aprire. L’obiettivo è creare un percorso verso la vetta che sia il più possibile veloce, sicuro e spettacolare.

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