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Un altro metro ancora

SpazioTeatro

Genere Prosa
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Regia: Gaetano Tramontana

Drammaturgia: Katia Colica, Gaetano Tramontana

Attori: Gaetano Tramontana

Altri crediti: Musiche: Antonio Aprile Scene: Roberto Morabito, Katia Spanò Video: Giovanna Catalano, Simone Casile

Parolechiave: SpazioTeatro, Gaetano Tramontana, Katia Colica, teatro e narrazione, monologo teatrale

Produzione: SpazioTeatro

Anno di produzione: 2016

Genere: Prosa

Sinossi
Sul finire del secondo conflitto mondiale, un giovane si trova a condurre un gruppo di sfollati –uomini, donne e bambini – attraverso un campo minato.
Si offre quindi volontario per andare avanti e saggiare il terreno, calpestando per primo una terra che può farlo saltare in aria ad ogni passo, pur di aiutare gli altri a tornare a casa e a riprendersi la loro vita.
Lui, disertore e per sua stessa ammissione poco coraggioso, che non ha nessuno da cui tornare, che non ha più casa, distrutta dai bombardamenti, coglie l’ultima occasione per dare una ragione al suo essere ancora in vita.
Durante questo disincantato gesto di altruismo, ripercorriamo la sua vita, le sue aspettative deluse, i suoi fallimenti, tutti raccontati in tono lieve e sereno, non raramente ironico.
E mentre racconta, il giovane mescola pensieri propri e parole per i suoi compagni, tra passato e presente e un futuro che solo adesso, a poco a poco - attraversando una terra desolata che inconsapevolmente lo fa diventare “eroe per caso” – sembra per lui diventare possibile e luminoso.
La drammaturgia è completamente ispirata a una storia vera che ha coinvolto da bambina la madre dell'autrice.
Il protagonista, tutt’oggi, è rimasto anonimo: un giovanissimo ribelle che è fuggito dall’esercito fascista e che ha guidato un gruppo di famiglie sfollate lungo un campo minato, salvando loro la vita e assumendosi la responsabilità di essere il primo della fila rischiando di saltare in aria.
Quest’opera vuole celebrare le centinaia di piccoli combattenti della resistenza, quegli eroi diversi, poco riconoscibili o consueti, lontani dall’immaginario collettivo. Giovani eroi che col loro esempio hanno aperto nuove strade alla politica e alla società civile (da qui i riferimenti a Peppino Impastato) e che non avranno mai nome.
Il testo teatrale, seppur ambientato nell’epoca dell’ultimo conflitto bellico mondiale, è una finestra sulla condizione umana attuale: la complessità delle scelte, il coraggio e la codardia, la solitudine e il senso di solidarietà si mescolano dentro gli stati d’animo del personaggio, incrociandosi più volte attorno a un nodo centrale che è il dramma della condizione delle vittime di tutte le guerre. L’opera, pertanto, cambia declinazione in maniera sottaciuta, universalizza attualizzando la tragedia che pur collocata in un contesto preciso potrebbe svolgersi ovunque e in ogni epoca.
La costruzione dell’eroe che il testo narra è una costruzione tutta interna alla carne e alla mente del protagonista, è lui stesso che in scena percorre un doppio cammino: la marcia attraverso il campo minato e contemporaneamente il viaggio attraverso la propria storia personale, recuperando a sé stesso una dignità che non credeva di avere mai avuto.

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