Regia: Mario De Masi
Drammaturgia: Mario De Masi
Attori: Andrea Avagliano, Ilaria Cecere, Serena Lauro, Fiorenzo Madonna, Luca Sangiovanni
Altri crediti: Organizzazione Andrea Avagliano - 3394116745 email: piscieparanza@gmail.com
Parolechiave: pisci, asilo, emarginazione, scenario, contemporaneo
Produzione: Progetto accolto e sostenuto da L'ASILO exasilofilangieri.it
Anno di produzione: 2015
Genere: Prosa Performance
Sinossi:
Cinque figure ai margini della società si incontrano in una stazione. Tre di loro ( una coppia con il fratello di lei) vivono stabilmente tra i binari, mentre gli altri due sono provinciali che hanno perso l'ultimo mezzo utile per fare ritorno alla propria casa. L'interazione fra i due gruppi nasce come conflitto per la difesa di spazi vitali, si evolve in gioco e pacifica collaborazione attraversando sempre momenti di tensione sino alla fine, quando gli eventi condurranno ad una crudele intimità.
Note di regia:
Una stazione. Luogo di interconnessione fra i luoghi, motore di un movimento incessante di persone e cose. Ciò che i più semplicemente attraversano, da alcuni è abitato. Quello che per molti è un corridoio, per altri è casa. Pochi metri quadrati compendiano l’intero universo delle relazioni umane che abitano fuori, allo stesso modo in cui un acquario, piccolo o grande che sia, riproduce esattamente le dinamiche animali del mare aperto. Come in un acquario, si muovono i pesci di paranza di questa stazione immaginaria. Piccole figure senza qualità se non quella di essere umane. Umanamente vivono l’emarginazione, umanamente ne generano altrettanta. Tanto essi subiscono lo sguardo schifato del mondo di fuori, tanto lo rigurgitano nel microcosmo che compongono. Rifiuti della società che rifiutano a loro volta, in un circolo vizioso di negazione dell'altro da sé. In questo mondo di ultimi trova spazio la bellezza, l’ancoraggio disperato alla vita, la struggente consapevolezza della sua caducità. Acquario dalle pareti a specchio, questa società ai minimi termini non ha né capo né coda. Si nutre delle briciole che il mondo esterno le offre. Vive nei limiti che questo le impone. Il marciapiede è dunque il meraviglioso, terribile limite che è insieme tensione al superamento e divieto di transito, horror vacui e curiosità adrenalinica, insofferenza al presente e paura del futuro. Al marciapiede, significante universale dei limiti soggettivi, si contrappone la platea, luogo del giudizio comune che pretende di farsi oggettività.
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