Regia: Giuseppe Miale di Mauro
Drammaturgia: Giuseppe Miale di Mauro
Attori: Gennaro Di Colandrea - Giuseppe Gaudino - Stefano Jotti - Adriano Pantaleo - Gianpiero Schiano - Andrea Vellotti
Altri crediti:
Parolechiave: Nest, Napoli, Est, Teatro
Produzione: Nest Napoli Est Teatro
Anno di produzione: 2015
Genere: Prosa
In questi ultimi tempi si sente parlare di Stato Islamico un po’ dappertutto, tant’è che ho approfondito l’argomento guardando documentari, leggendo interviste, articoli di giornale, non ultimo ho letto un articolo, appunto, che si chiudeva così: «…Finora, comunque, in base a tutto quello che si sa sull’ISIS e sulla sua capacità militare, non rischiamo la distruzione di massa. La rischieremmo se lasciassimo diventare il Califfato molto più potente di quello che è ora.» Queste parole mi hanno stimolato e ho partorito l’idea di scrivere per il teatro qualcosa che parlasse di tutto ciò. Mi sono domandato in che modo farlo e, come sempre, mi è venuto incontro il teatro. Ho immaginato che il mondo abbia fatto diventare il califfato molto più potente di quello che è ora, e che i Mujahideen stanno conquistando tutto sterminando chiunque non sia musulmano. Un nuovo genocidio, e come tale, non diverso da quelli passati. Le strade, i palazzi, le case, i musei, gli ospedali, tutto non appartiene più ai legittimi proprietari, ma ai militari jihadisti che conquistano, saccheggiano, uccidono. Un gruppo di cinque uomini, si ritrova a sfidare il destino nascondendosi in un bunker di fortuna e resiste provando a combattere quella che agli occhi dei protagonisti pare la fine del mondo. L’esercito è crollato, così come la Marina e l’Aeronautica, nessuno più è in grado di difendere la popolazione. Le voci circolano e pare che il Papa sia stato decapitato in Piazza San Pietro, le comunicazioni sono interrotte, le famiglie separate, il cibo scarseggia, così come i medicinali e i generi di prima necessità. Se non è la fine del mondo, poco ci manca. I sei uomini resistono, si uniscono, si fanno forza, finché uno del gruppo riesce a catturare un Mujahideen e decide di portarlo nel bunker per torturalo e vendicarsi di tutto il male che stanno facendo. È questo l’episodio che scatenerà un acceso dibattito e porterà i cinque personaggi a scegliere tra quello che erano e quello che sono diventati. L’idea che ne viene fuori è che si sono formati due eserciti, uno dentro il bunker e uno fuori, non dissimili tra loro. D’altronde c’è chi sostiene che la guerra sia insita nell’essere umano come la vita e la morte. La storia dei cinque superstiti al genocidio si chiude a sacco sulle vite individuali, ma ci sono sussulti in cui le singole esistenze spezzano la camicia di forza e inventano la propria libertà.
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