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COME UN GRANELLO DI SABBIA - GIUSEPPE GULOTTA, STORIA DI UN INNOCENTE

mana chuma teatro

Genere Prosa
Cachet:Informazione riservata agli Organizzatori
Premi: In-Box Selezione 2016
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Regia: SALVATORE ARENA E MASSIMO BARILLA

Drammaturgia: SALVATORE ARENA E MASSIMO BARILLA

Attori: SALVATORE ARENA

Altri crediti: scene: Aldo Zucco musiche originali: Luigi Polimeni disegno luci: Stefano Barbagallo consulenza storica e biografica: Giuseppe Gulotta e Nicola Biondo (autori del libro "Alkamar - la mia vita in carcere da innocente" ed. Chiarelettere)

Parolechiave: gulotta, verità, tortura, innocenza, carcere

Produzione: MANA CHUMA TEATRO - FONDAZIONE HORCYNUS ORCA

Anno di produzione: 2015

Genere: Prosa

A diciotto anni un giovane muratore con una vita come tante, viene arrestato e costretto a confessare l'omicidio di due carabinieri ad "Alkamar", una piccola caserma siciliana. Il delitto nasconde un mistero indicibile: servizi segreti e uomini dello Stato che trattano con gruppi neofascisti, traffici di armi e droga. Per far calare il silenzio serve un capro espiatorio, uno qualsiasi. Giuseppe Gulotta ha vissuto ventidue anni in carcere da innocente e trentasei anni di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato, restando lì come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio.
Fino al processo di revisione, ostinatamente cercato e ottenuto, che lo ha definitivamente riabilitato.
Una storia dai contorni oscuri e tormentati, dalle conseguenze violentemente drammatiche e non risanabili. Per quello che Giuseppe ha vissuto, protagonista suo malgrado, ma anche per le altre varie vittime della vicenda, affrontare questi avvenimenti sulle tavole di un palcoscenico pone di fronte ad una grande responsabilità.
La responsabilità, certo, di non tacere l’incredibile vicenda legale, la lunghissima serie di omissioni, errori, leggerezze, falsificazioni, palesi violazioni della legge che oggi ci fanno definire questo caso come una vera e propria frode giudiziaria.
La responsabilità, naturalmente, di raccontare il contesto e gli interessi in campo che generano il dramma.
Ma principalmente la responsabilità di declinare la drammaturgia attraverso la vicenda umana di Giuseppe (ma anche delle due vittime della strage e degli altri capri espiatori designati) rendendo giustizia alla sua dimensione personale, quella di una vita quasi interamente sottratta per ragioni inconfessabili. Innescare un processo di identificazione, pur senza aver attreversato quello che lui ha attraversato, senza aver sofferto quello che lui ha sofferto con un incredibile senso di dignità e consapevelozza. Compiere questo corto circuito narrativo riuscendo a sottrarsi a qualsiasi intento retorico.
La voce di Giuseppe ci attira in questo vortice raccontando, come fosse la prima volta, la gioventù interrotta, l’arresto, le torture, i colpevoli silenzi, i pregiudizi, ma anche l’irriducibile cocciuta speranza in un restituzione finale della propria umile e alta identità. Lo fa alternandosi a voci secondarie, ma necessarie: un vicequestore illuminato schiacciato anche lui dall’ingranaggio, l’ufficiale dell’arma regista occulto delle torture (un Kurz rovesciato, lucido e per nulla tormentato), la moglie Michela, i genitori. Ogni voce, ogni episodio del vortice, trova il proprio luogo all’interno della scenogrofia, leggera e opprimente ad un tempo, di Aldo Zucco, capace di diventare multiforme nei suoi pochi, ma importanti segni. Le musiche originali di Luigi Polimeni, contrappunto ritmico ed emozianale al racconto, diventano esse stesse drammaturgia, sostenendo lo scorrere inesorabile della storia in tutte le sue partiture emotive.

Informazione riservata agli Organizzatori

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