Regia: Tiziana Francesca Vaccaro
Drammaturgia: Tiziana Francesca Vaccaro
Attori: Tiziana Francesca Vaccaro
Altri crediti: Musiche originali Andrea Balsamo Aiuto regia Giovanni Tuzza Disegno luci Domenico Cicchetti fonti biografiche: "Rosa Balistreri. Una grande cantante folk racconta la sua vita." di Giuseppe Cantavenere; "Rusidda... a licatisi" di Nicolò La Perna; 188 donazioni dI R.B (libri, dischi, ricordi personali) alla Biblioteca comunale di Licata.
Parolechiave: terra, canto, donna, mafia, biografico
Produzione: Tiziana Francesca Vaccaro
Anno di produzione: 2015
Genere: Prosa
Rosa che cantava la terra. Rosa che suo padre le diceva sempre: "i fimmini non cantunu, cantunu sulu i buttani!" Rosa che la sua terra, un giorno, l'ha dovuta lasciare. Rosa tradita, da quella stessa terra. Rosa tra fame e violenza. Rosa tra dolori e abusi. Rosa disperata. Rosa grido di speranza. Rosa di ieri. Rosa di oggi.
C'era una volta una donna, che la sua terra, bella e piena di contraddizioni, se la portava dentro. La sua terra dura e amara, questa donna la raccontava con la sua voce profonda, scavando fino nelle viscere, col suo canto ancestrale che si innesta in un presente ancora difficile. Ancora oggi.
La terra che racconto è la terra di una bambina che diventa donna e che da quella terra sente il bisogno di staccarsi, ma allo stesso tempo non ne può fare a meno. Terra di emigrazione, difficile viverci e sopravviverci. Il sud. Un’unica terra dalla quale non si parte mai del tutto.
Lo spettacolo nasce dall'incontro con la Cantatrice del Sud, Rosa Balistreri, e la sua storia. Figura decisiva del folk siciliano degli anni '70, Rosa è tra i grandi protagonisti della riscoperta della canzone popolare che, gazie a lei, è tuttora apprezzata in tutto il mondo. Povera e orgogliosa, varcò i confini in cerca di fortuna, imparò a prendere una chitarra in mano e a gridare in faccia a tutti quello che pensava. Cantava nei campi, in mezzo alla terra, sin da piccola Rosa, tra un raccolto e l'altro, mentre suo padre le diceva: "smettila cu stu cantu, i fimmini non cantunu, cantunu sulu i buttani!". Cantava, e il marito la picchiava e gli uomini abusavano di lei. Cantava e cresceva Rosa, nella sua Licata mafiosa e fascista.
Una vita sempre in prima linea, senza cedere mai, scontrandosi e pagando di persona, il suo tempo e le sue regole, ma credendo fermamente nell’amore, crudele ma indispensabile, motore di una vita. Vogliu spaccari, spaccari li cieli pì fari chioviri, chioviri amuri. Amore per la sua terra bella e amara, in cui le donne dovevano (e devono, purtroppo ancora oggi) restare al loro posto. Rosa che impara a leggere e a scrivere all’età di 22 anni perché comprende quanto sia importante sapere per non essere più schiava. Rosa che con la sua voce ha girato il mondo con i piedi sempre ben piantati nella sua terra d’origine, per non perdere mai il contatto con la vita, vita difficile, vita aspra, vita appassionata. Vita non come vermi sotto terra, ma alla luce del sole. Vita che come quella dei vermi si spezza e si ricostruisce infinite volte. Rosa che il suo canto le resterà appiccicato fino alla fine. Canto e cuntu, cuntu e canto, pi nun perdiri lu cuntu. Cantare per non dimenticare il racconto, cantare per ricordare.
Informazione riservata agli Organizzatori
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