Regia: Marco Cavicchioli
Drammaturgia: Daniele Ronco
Attori: Daniele Ronco
Altri crediti: Elementi di scena: Piero Ronco, Federico Merula, Lorenzo Rota Genere: Teatro di narrazione "eco sostenibile" Durata: 60'
Parolechiave: Monologo, Ecosostenibilità, Sviluppo sostenibile, Energia rinnovabile, Ambientalismo
Produzione: Mulino ad Arte
Anno di produzione: 2015
Genere: Prosa
L’idea di mettere in scena “Mi abbatto e sono felice” nasce dalla riflessione che mi ha accompagnato nei mesi successivi alla morte di mio nonno, una persona che mi ha insegnato tanto e che stimo infinitamente per la condotta di vita esemplare perseguita durante i 91 anni trascorsi su questo pianeta. “Mi abbatto e sono felice” è un monologo a impatto ambientale “0”, autoironico, dissacrante, che vuole lanciare una provocazione importante; vuole far riflettere su come si possa essere felici abbattendo l’impatto che ognuno di noi ha nei confronti del pianeta sul quale abitiamo. “Mi abbatto e sono felice” non utilizza energia elettrica in maniera tradizionale. Si autoalimenta grazie allo sforzo fisico prodotto da me in scena. Non sono presenti altri elementi scenici, i costumi sono essenziali e recuperati dal guardaroba di nonno Michele. Le musiche sono live.
Sempre più spesso si sente parlare di disagio, crisi, scarsa produttività, povertà, inquinamento, surriscaldamento globale, etc.. Ma come, nell’era del benessere ci sono tutti questi problemi?! Sembra che la felicità dell’uomo occidentale sia direttamente proporzionale a quanto produce e quanto consuma: producendo si ottiene denaro e più denaro si possiede, più si consuma e ci si sente felici. Siamo certi di questa affermazione? Molti di noi avrebbero la risposta pronta, ma a parole siamo bravi tutti. Sono i fatti quelli che contano. Pensiamo per un attimo alla tensione che scorre all’ora di punta nei centri delle città, quando basta un clacson per far scoppiare una rissa. Pensiamo all’invidia nei confronti di chi, sul posto di lavoro, ottiene un passaggio di livello, ai continui piagnistei delle persone davanti a uno spritz, ai milioni di finanziamenti suicidi per assicurarsi un’ automobile da 40.000 Euro, alle farmacie prese d’ assalto da una popolazione malata e acciaccata. Vi sembrano segni di un popolo felice? La risposta pare piuttosto scontata. Eppure i capi dei governi invitano a consumare di più, a produrre di più, con un’ inevitabile incremento della frustrazione umana. Le lotte di potere sono all’ordine del giorno e a qualsiasi livello. Dall’altra parte gli stessi capi dei governi parlano dei problemi di inquinamento, rifiuti tossici, surriscaldamento globale,… Anche qui si riscontra un paradosso non indifferente. Si spinge a produrre e a consumare di più e poi ci si lamenta di come il pianeta stia andando a rotoli?
Siamo la specie più invasiva della Terra, acciecata da un materialismo dilagante. L’ipocrisia è all’ordine del giorno. In tutto questo, l’unica ancora di salvezza è l’ Amore. L’unica variabile impazzita, l’unica variabile a sfuggire alle leggi della fisica e della chimica. L’amore per se stessi, per le altre creature e per il pianeta che ci ospita potrà salvarci da un declino altrimenti inarrestabile. L’amore non costa, non crea Pil, non inquina, è scomodo perché fa ammalare di meno.
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