Regia: ROBERTO CAPALDO
Drammaturgia: ROBERTO CAPALDO
Attori: ROBERTO CAPALDO
Altri crediti: collaborazione alla regia di Fabrizio Di Stante allestimento video e tecnica a cura di Marco Ferrara maschere in cuoio di Piero Ottusi pupazzo di Antonio Catalano consulente per la cultura cinese Diang Zuanfheng
Parolechiave: mao, economia, sfruttamento, lavoro, cinesi
Produzione: Casa degli Alfieri/Universi Sensibili e Associazione Rebelot
Anno di produzione: 2010
Genere: Prosa Altro
Made in China è la storia tragicomica di due contadini che partono per cercare fortuna come operai nelle fabbriche delle multinazionali. Uno dei due, Zuo Jaobing, muore e l’altro, Chang Showei, percorre centinaia di chilometri con il cadavere dell’amico sulle spalle per riportarlo a casa. È l’usanza: un cinese dev’essere seppellito là dov’è nato, se vuole aver pace. È un rito che può sembrare macabro per la modernità, ma è un atto di devozione per chi è legato alle tradizioni della campagna (non solo cinese). I due attraversano così lo sterminato Impero Economico della Cina del XXI secolo, andando contro le regole del mondo “civile”, compiendo involontariamente un atto eroico, guidati solo dalla propria morale ... e dalle proprie “scarpe”, aggiunge il manager, nonché terzo personaggio della storia. Storia che viene fagocitata e strumentalizzata dal marketing, trasformandosi in un epico spot, tutto perfettamente in stile Nike. La falce dell’ormai preistorico simbolo del comunismo è infatti scalzata dallo Swosh dorato della Nike che, incrociato al martello, simboleggia l’odierno potere assoluto del mercato. Un intreccio di storie vere dunque, che passando dalla rivoluzione culturale di Mao alle condizioni dei lavoratori asiatici, arriva fino a noi per cui il Made in China è solo la targhetta sui prodotti che acquistiamo. Maschere, pupazzi, volti del Teatro d’Opera di Pechino, ventagli del Tai Chi, ritmi adrenalinici di pubblicita’ pluripremiate, il libretto rosso, ombre, luci, proiezioni, disegni animati, una TV rotta e una scarpa. Tutto ritrova origine e destinazione in questo onirico viaggio postmoderno che lega Oriente e Occidente, luoghi comuni e dettagli iperrealistici, tra gli slogan del “grande timoniere” Mao Tze Dong e quelli del grande manager Phil Knights, amministratore delegato della Nike.
NOTE DI DRAMMATURGIA
Il consumismo, che ha sostituito tutte le ideologie, detta le leggi del mercato globale e l’unica possibilita’ che sembra ci sia concessa e’ quella del tutto casuale di capitare da una parte o dall’altra di questo spietato ciclo economico.
Made in China punta l’obiettivo anche dall’altra parte, dalla parte di quelli per cui essere assunti nelle “fabbriche dell’orrore” e’ l’alternativa migliore, per il momento. Quello che mi interessa e’ l’idea che NOI, oggi, abbiamo dei cinesi. Quanta umanita’ siamo in grado di associare a quelli che vengono generalmente considerati dei SUBUMANI. Dopo essere stato in Cina e aver indagato le condizioni di lavoro nelle fabbriche ho provato a “boicottare” il Made in China. E’ quasi impossibile. E tutto sommato nemmeno cosi’ utile. Il Made in China e’ ultracompetitivo, e’ ovunque, sulle targhette di qualsiasi merce, anche del Made in Italy. Per le scarpe da ginnastica poi e’ impossibile, non esiste altro. In fondo per ogni paio che noi compriamo a 100 dollari, loro, gli operai, guadagnano 50 centesimi. Meglio di niente dicono gli occidentali, meglio di “prima” dicono i cinesi.
La rivoluzione
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