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Doris Every Day

DoveComeQuando

Genere Teatroragazzi (13-99) Prosa
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Regia: Pietro Dattola

Drammaturgia: Laura Bucciarelli

Attori: Flavia Germana de Lipsis Andrea Onori

Altri crediti: scene Alessandro Marrone

Parolechiave: bellezza, ossessione, madre, figlia, corpo, donna, felicità, infelicità, rapporto, accettazione, body, positivity

Produzione: DoveComeQuando / Festival Inventaria

Anno di produzione: 2014

Genere: Teatroragazzi (13-99) Prosa

'Doris Every Day' ha vinto il Premio di drammaturgia DCQ-Giuliano Gennaio per "la scrittura curiosa, crudele, ironica, sul mondo e sull'immaginario femminile, un concentrato di cattiveria che ha il sapore fresco e stimolante della verità, reso con una prosa caustica, briosa e originale".

Il progetto di spettacolo ha poi conquistato La Cattiva Strada, vincendo il bando di residenza 2014 presso il Teatro Studio Uno di Roma.


"Mamma diceva:
'Sorridi. Distendi il collo. Sbatti le ciglia. Allarga le spalle.
Ripeti con me. Sono luminosa.
Ripeti. Sono brillante.
Ripeti. Sono leggera.
Ripeti. Sono levigata.
Ripeti. Sono bella, naturalmente.
È il minimo.'"

La bellezza come ideale, aspirazione, must. Perchè se guardi lo specchio, lo specchio ti guarda.
Occorre una buona base di partenza, certo, ma anche prodotti di qualità, regole ferree e un lavoro rigoroso, costante. Every day. Se non si è in grado di prendersi cura di sé con ogni mezzo, inutile pretendere di stare al mondo.

E così, Doris è bionda.

Non è nata bionda. Ha studiato.

Era bionda dentro.

Il suo fine, ossessivamente inculcatole dalla madre, è uno solo: vivere felice e contenta, per sempre. Come una bambola in una favola. Ma non si vince se non si è accettati e non si è accettati se non si appare come gli altri ti vogliono - altrimenti la vita è un vergognoso spreco.

Doris oggi aspetta il suo "Ken", il suo nuovo, forse ennesimo, forse ultimo, rendez-vous romantico. Con lui, il sogno perfetto potrebbe finalmente prendere forma. Ma la realtà non può essere ridotta ai desideri di plastica di una bambola: la realtà è l'altro, l'inaspettato, il confronto fuori dalle mura rosa della campana di vetro. Doris non è preparata alla realtà e il suo "Ken", il nostro Ken, campione di normalità e buona volontà, non riesce a starle accanto.

Carillon rotto in cerca d'aiuto, Doris si ritrova sola, gli occhi del mondo, del pubblico, addosso per il giudizio finale, la sua personale apocalisse: inizia il suo rito, ripete i suoi mantra paradossali, sfodera inusitati pregi, fa sfoggio dell'ovvio portandolo in trionfo - ma più stringe i denti, più perde impietosamente terreno. Chiede amore, ma nessuno guarda al di là di quello scherzo della natura cui lei si è ridotta, nessuno se la sente di adottarla: ci vuole troppo coraggio, ci vuole troppa vita. In modo sleale si pretende senza aver mai chiesto; spietatamente si rifiuta chi si esegue e fallisce. Bene così, allora: al pubblico l'agio delle apparenze, a Doris la verità della sua parrucca.

Non siamo ancora pronti, insegna Doris: non siamo sufficientemente coraggiosi da porgere la mano e offrire il nostro aiuto a chi inciampa, cadendo rovinosamente, in quelle stesse regole che noi per primi abbiamo malamente dettato.

A volte succede che un buffo cartonato rosa, sfuggito di mano, possa insegnare più di cento pupazzi ben vestiti.

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