Regia: Claudio Autelli
Drammaturgia: Raffaele Rezzonico e Claudio Autelli
Attori: Alice Conti Francesco Villano
Altri crediti: Liberamente tratto da “Ieri” di Agota Kristof; scene e costumi Maria Paola Di Francesco; luci Simone De Angelis; suono Fabio Cinicola; tecnico luci Giuliano Bottacin; macchinista Fabio Mangano; assistenti alla regia Piera Mungiguerra e Andrea Sangalli; voce registrata Paola Tintinelli.
Parolechiave:
Produzione: co-produzione LAB121 e CRT Milano
Anno di produzione: 2014
Genere: Prosa
La scrittura ti porta via come un sogno.
Ho l’abitudine di scrivere senza precisare il luogo in cui si svolgono le azioni.
Ho l’abitudine di scrivere le cose ‘in generale’.
Le cose accadono in generale, un po’ dappertutto.
E non immagino nemmeno i personaggi in un tempo preciso.
Può essere accaduto oggi. E anche ieri”
A. Kristof
La memoria è un concetto legato al tempo. La memoria muta col tempo, si trasforma. La mente ricostruisce i ricordi secondo sua necessità.
Si ha un rapporto attivo con la propria memoria, la si trasforma, si tenta di ricostruirla, a volte si dimentica o si reinventa.
Allora il confine tra ricordo ed invenzione è quasi impalpabile.
Agota Kristof definisce la sua scrittura un continuo mentire, e cos'altro è il teatro se non una grande menzogna. Eppure il rapporto che si crea tra palco e platea ha qualcosa della rivelazione.
La storia dell'operaio Sandor è il veicolo che permette all'autrice di attraversare e rielaborare i propri fantasmi.
Nella scrittura di Agota Kristof, memoria, invenzione, verità e menzogna sono intrinsecamente legati insieme.
Attraverso la costruzione di situazioni paradossali la scrittrice riesce a fare emergere visioni che interpretano e concretizzano stati dell'anima di cui difficilmente riusciamo a identificare i contorni.
Questa storia parla di nostalgia, rivolge uno sguardo al passato cercando una chiave di lettura per un presente irrimediabilmente spaccato.
La tensione creativa è al centro di un duello tra il recupero di un passato famigliare e il dovere di raccontare un presente abitato da un popolo, quello degli emigranti, che vaga in una realtà che non riesce a interpretare.
Il filo conduttore di queste storie, è il comune senso di sradicamento di chi si è messo in cammino lasciando la propria casa, le proprie origini, la propria famiglia.
Di chi ha lasciato tutto per trovare una nuova casa, nuove prospettive, un nuovo futuro.
Sono anime perdute che chiedono di ritrovare la via nella memoria altrui.
Una coppia di fratelli. La figura archetipica dell'autric.
Figura ricorrente, microscopico nucleo di famiglia da conservare o recuperare, o ancora almeno da immaginare.
Sono loro a visitare la stanza dell'autrice, accompagnandone i pensieri e guidando la sua immaginazione nel comporre questa “storia d'amore impossibile”.
Sandor aspetta l'arrivo di una donna Line che appartiene al suo passato.
Un giorno lei arriva e la sua vita non sarà più la stessa.
Quello che avviene in questa composizione è un dialogo tra queste figure di fratelli e la loro autrice, loro prestano il loro corpo e la loro voce all'evocazione delle figure emerse dalla memoria dell'autrice,
in un continuo salto tra rappresentazione e pensiero dell'anima che sta concependo questo mondo.
Ogni pertugio in questa stanza contiene una memoria, una via d‘accesso dentro la testa dell’autore condannato a ricevere i suoi spettri.
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