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Hyphae polifonia del sottobosco

Annalì Rainoldi

Genere Danza Performance
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Regia: Annalì Rainoldi

Drammaturgia: Annalì Rainoldi

Attori: Annalì Rainoldi - Marcello Gori

Altri crediti: video Nicolò Asahi Cameroni video animazione Ruben Gagliardini disegno luci Francesco Mentonelli costumi Stefania Cempini con il sostegno di ORA orobie residenze artistiche

Parolechiave: sottosuolo, polifonia, memoria, corpo/micelio, multilinguaggio

Produzione: MARCHE TEATRO nell\'ambito del progetto Europa Creativa

Anno di produzione: 2025

Genere: Danza Performance

“In Hyphae la danza emerge dal sottosuolo, tra delicate tensioni e un\'energia pulsante.
La musica dal vivo alimenta un corpo che si fa foresta, un respiro che diventa richiamo quando la delicatezza incontra la forza primordiale della natura e restituisce allo spettatore la sua meraviglia”

Hyphae esplora il microcosmo sotterraneo di funghi, licheni e muschi: organismi invisibili ma vitali, che intrecciano reti di relazioni simbiotiche fondamentali per l’equilibrio dell’ecosistema. Questa fonte inesauribile di ispirazione prende forma attraverso la ricerca di un corpo-micelio, tessuto vivente che vibra, per far emergere una polifonia fisica e vocale, un “canto metabolico” in cui si trovano a dialogare molteplici strati di memoria.
Merlin Sheldrake, autore di Entangled Life - How Fungi Make Our Worlds, parla del micelio come di una “melodia” polifonica, irriducibilmente plurale, e delle ife, le cellule che lo compongono, come flussi di incarnazione, processi in divenire, privi di una pianificazione centralizzata, dai quali però emergono forme compiute. Allo stesso modo, ogni parte del corpo si muove come se appartenesse a corpi diversi, ma in armoniosa collaborazione, trasformando il singolo corpo in una presenza polifonica.
Il processo metabolico dei funghi offre un modello per comprendere la memoria non come un archivio ordinato e statico, ma come una pratica viva di elaborazione. Come i funghi decompongono la materia per renderla di nuovo fertile, la memoria incarnata opera come un metabolismo continuo dell’esperienza, oscillando tra sedimentazione e rigenerazione. In questo modo, la scrittura coreografica nasce da un corpo che ricorda trasformandosi, metabolizzando momenti vissuti, relazioni, intuizioni.
Questa memoria non è sempre accessibile alla coscienza; agisce piuttosto come una forza sotterranea, trasformando le esperienze passate in materiale fertile per la creazione. La danza, allora, nasce da questo paesaggio interiore, da un corpo che “ricorda” non pensando, ma muovendosi e lasciando che il gesto affiori da strati profondi.
In questa visione, il corpo danzante diventa un ecosistema sensibile, in cui memoria e movimento sono in uno stato continuo di scambio metabolico, aspirando a risuonare con l’ordine sublime e il caos generativo della vita nel sottobosco.

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