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LA FUTURA CLASSE DIRIGENTE

Cranpi

Genere Teatroragazzi (8-100) Prosa
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Regia: Caterina Marino

Drammaturgia: Caterina Marino

Attori: Caterina Marino, Sara Mafodda, Daniele Paoloni, Federico Brugnone

Altri crediti: costumi Accademia italiana aiuto regia Marco Fasciana ufficio stampa Antonella Mucciaccio produzione 369gradi, Cranpi, La Corte Ospitale con il contributo di MiC – Ministero della Cultura residenza produttiva Carrozzerie | n.o.t, Humus artistə nel terriorio/IAC Centro Arti Integrate, Teatro Biblioteca Quarticciolo con il sostegno di ATCL Circuito multidisciplinare della Regione Lazio

Parolechiave: futuro, ecologia, bambini, razzismo, differenze di genere

Produzione: Cranpi Associazione

Anno di produzione: 2025

Genere: Teatroragazzi (8-100) Prosa

La futura classe dirigente non sa che il mondo che dovrà governare è sull\'orlo del collasso. Impara la
grammatica, l\'inglese e nomi di città che tra qualche anno non esisteranno più. La futura classe dirigente con molta probabilità non conosce telefoni che abbiano fili o tasti, è salita su diversi aerei nei primi anni di vita e ancora non sa di essere cruciale per il sistema pensionistico. O, chissà, forse qualcosa l’ha intuito.
\"La futura classe dirigente\" è uno spettacolo che prende in prestito le parole di bambini e bambine che hanno adesso tra i 6 e i 13 anni, interpellati su problemi che potrebbero essere lì ad attenderli tra qualche anno se gli adulti di oggi non intervengono. E’ un esercizio di immaginazione su un futuro che non si prospetta roseo e un interrogativo aperto sulle nostre azioni del presente. Non vuole essere accusatorio, ma anzi saltare oltre il senso di colpa, raggirare la retorica e guardare più a fondo, verso le possibilità ancora aperte di prenderci la responsabilità del pianeta e di quello che succede nel mondo. Nonostante le difficoltà di comprenderlo, o la paralizzante sensazione di non poter cambiare le cose. Spostando lo sguardo da quello che ci è stato lasciato a quello che potremmo fare invece noi.
Fulcro del lavoro, difatti, è la responsabilità generazionale e la possibilità di tornare ad essere soggetti politici in un contesto sociale, fuori dall’individualismo e l’isolamento virtuale e fisico. E’ uno spettacolo che vuole essere un atto di amore (un amore non rassicurante, ferino e complesso, ma comunque amore) verso esseri umani che non conosciamo, che devono ancora nascere, che abitano in altri continenti. Che ci chiederanno dove eravamo, o cosa abbiamo fatto per cambiare le cose. Che prima o poi decideranno anche per noi. Esseri umani a cui tutto sommato nessuno ci chiede di fare attenzione, oltre l’ottica della performatività. Ha qualcosa a che fare con un famoso proverbio di un albero piantato, e un’ombra sotto la quale non avremo mai modo di sederci.
Anche perché, dicono loro, gli alberi non esisteranno più.

DRAMMATURGIA E MESSA IN SCENA
Il testo si compone di due elementi: le battute trascritte letteralmente dalle interviste raccolte e gli interventi autoriali, secondo un meccanismo dichiarato al pubblico che può così distinguerli. Le parole di bambini e bambine non vengono mai manomesse o cambiate ma contestualizzate drammaturgicamente. La raccolta del materiale è durata più di un anno e riguardato un ampio bacino di ricerca. Le macro tematiche proposte
e quelle emerse spontaneamente da loro sono state l’ecologia, il razzismo, le differenze di genere, il rapporto con gli adulti e le domande da porre loro, le regole che farebbero in quanto classe dirigente, i soldi, il concetto di potere, la paura del futuro e come lo immaginano.

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