Regia: NOEMI FRANCESCA
Drammaturgia: NOEMI FRANCESCA
Attori: ALESSANRA MASI
Altri crediti: Video di FRANCESCO DI MAURIO elementi di costume ROSSELLA OPPEDISANO
Parolechiave: PASOLINI, CALCIO, SACRO, AMORE, LOTTA
Produzione: URTEATRO
Anno di produzione: 2024
Genere: Teatroragazzi (11-90) Prosa
Luna-57 è il nome di una missione. Meglio, della preparazione ad una missione.
O, forse, più precisamente, del tentativo di costruire un modulo di sopravvivenza. Per chi parte, certo, ma soprattutto
per chi resta, al buio di una stanza che non viene mai aperta.
Come fosse un contemporaneo Libro dei Morti, una ragazza hikikomori mette a punto una serie di istruzioni
destinate al padre in procinto di partire per una missione, appunto, che pare essere pericolosissima: esercizi
propedeutici ad un viaggio di sola andata, in cui prende voce la frattura di un’imminente separazione.
Immersioni visive in territori deserti, improbabili coreografie propiziatorie, movimenti inconsueti, esercizi dai nomi
arcaici, suoni da altre dimensioni, costituiscono parti di un allenamento per restare in vita su un pianeta sconosciuto
e al contempo per sopravvivere senza qualcuno.
Nello spazio metaforico di un altrove in cui ricominciare, si dispiega un dialogo a senso unico che assume le
sembianze di un gioco di specchi, in cui una ragazza, nella solitudine della propria stanza, si munisce di un casco
da astronauta e sussurra ad una telecamera “Ce la puoi fare papà”: un invito che è quasi una maledizione, un
incoraggiamento che precipita in un confronto con l’ambivalenza di un rapporto fatto di ricordi, di speranze, di rancori,
di non detti.
E dal dentro di una segregazione autoinflitta, con continue incursioni di un fuori sempre e comunque presente, la
missione LUNA-57 diventa la risposta all’incombere di molti pericoli: un razzo che sta per partire, un mondo con cui
non si vuol fare i conti, un tempo che si assottiglia fino a diventare l’istante che precede un addio.
LUNA-57 è un monologo. E non solo nella misura in cui in scena è presente un’unica attrice. Lo è in un senso più
ampio: lo è nonostante sia in realtà un dialogo; lo è nonostante il “mondo fuori” sia scenicamente percepibile
attraverso un lavoro di spazializzazione sonora; lo è infine nonostante il centro della drammaturgia sia la volontà di
tematizzare l’essere o il non essere in rapporto con l’Altro.
Per poter far questo ci è sembrato utile portare in scena una situazione decisamente emblematica: una ragazza
hikikomori nel giorno del funerale di suo padre.
La scena è caratterizzata da pochi elementi che riconducono quasi ad un’atmosfera fantascientifica, tra cui un casco
da astronauta e un elemento fondamentale nella routine dei ragazzi hikikomori, ovvero uno “schermo”, usato come
un rimando ad una dimensione virtuale qui rappresentata da proiezioni video aventi un formato particolare, che
ricordano più una pala d’altare che lo schermo di un pc.
Lo spettacolo si propone di essere un affondo sulla solitudine, un tentativo di andare oltre la retorica del ritratto di un
isolamento privo di valore e di senso, esponendo la ricchezza di un mondo interiore che, nella sua incapacità di
relazionarsi ad un piano politico, si manifesta come una tensione, un atto mancato, un gesto incompiuto.
Informazione riservata agli Organizzatori
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