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Caduta libera

Elena Borgogni

Genere Teatro-danza
Cachet:Informazione riservata agli Organizzatori
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Regia: Elena Borgogni

Drammaturgia: Elena Borgogni

Attori: Elena Borgogni Sandro Maria Campagna

Altri crediti: Disegno luci Danilo Facco scenografie Marco Borgogni

Parolechiave: solitudine caduta connessione divieti ribellione

Produzione: DE-MENS THÉÂTRE: Compagnia italo-francese diretta da Elena Borgogni che cresce in una famiglia d’artisti. Il linguaggio è estremamente fisico e nasce dall’incontro di forme d’arte differenti.

Anno di produzione: 2025

Genere: Teatro-danza

Tutto inizia in un tempo in cui è già tutto finito. Non si può fare appello a un potere superiore: i proprietari, i direttori, gli dei, i dirigenti e le istituzioni sono latitanti, assenti da molto tempo. Chi resta siamo noi, con le nostre paure e le nostre imperfezioni, con i nostri desideri e le nostre imprevedibili ascese. E poi ci sono loro: i Custodi. Per ognuno di noi ce n’è uno di loro, dalla nascita e per sempre, non per merito o assegnazione, ma per natura. Vicini, vicinissimi maal di là, oltre la parete, non visibili.
Resta dunque una presenza, un’inscindibile relazione a senso unico fatta di inconsapevoli corrispondenze e consapevole cura. In un tempo in cui abbiamo dimenticato lo sguardo sull’altro, in cui il senso del tatto si sta atrofizzando e dove l’incontro si riduce allo scontro, rimangono solo la profonda connessione a questi esseri “altri” da noi e la dolorosa presa di coscienza di un contatto impossibile.
Ma all’interno di una di queste coppie di esseri paralleli e complementari qualcosa si rompe. L’incidente scatenante è uno sguardo, uno sguardo che dagli occhi della Protetta arriva in quelli del suo Custode, visto per la prima volta dai tempi dei tempi. La scoperta, la curiosità, la fame del tatto perduto portano con sé la caduta. Per riparare al danno, il Custode cade a sua volta, là dove non sa stare a galla. La sola àncora di salvezza è l'imperfezione, la sola possibilità di sopravvivenza il contatto e, chissà, il peccato. Poiché la caduta non è crollo o precipitazione, non è schianto distruttivo, ma è cambiamento, trasformazione. Il muro tra i due universi paralleli deve sgretolarsi perché tutti sopravvivano, di qua e di là.
Il moto a precipizio di ogni essere e cosa è ormai parte integrante di questo piccolo mondo che raccontiamo. Su un suolo di sabbia tutto cade e niente si rompe, tutto piove e non risuona. I Custodi sono presenti perché ognuna delle cadute non sia l’ultima. In questo modo, il rituale che celebrano e insegnano, una preghiera senza dogma, ci tiene aggrappati al tempo e, dunque, alla realtà.
In lingue come il francese o l'inglese, in espressioni come "tomber amoureux" o "to fall in love", cadere significa diventare.
Al contrario, custodire significa, sì, "fare oggetto di responsabile vigilanza", ma anche "tenere prigioniero". Quanto, custoditi e in custodia, per essere protetti dal male, siamo allontanati da tutto?
Il tempo è quello del dopo, dell’ormai, del troppo in là. Il tempo cade, si scioglie e cola su tutte le cose tirandosi dietro lo spazio, la scenografia si sgretola pian piano e irrimediabilmente per tutto lo spettacolo. Il solo oggetto che campeggia affidabile sulla parete è un orologio a muro che scandisce il ritmo della storia.
I Custodi si affidano e ci affidano a questa metronomica e piatta certezza, perché non scivoliamo senza più rialzarci. È forse una forma di resistenza alla solitudine contemporanea? Un disperato tentativo di combattere l’estinzione?

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