Regia: ELISA SBARAGLI
Drammaturgia: ELIANA ROTELLA
Attori: ALICE RAFFAELLI E LORENZO DE SIMONE
Altri crediti: suono Edoardo Sansonne voce Elena Griggio direzione tecnica Fabio Brusadin costumi Chiara Corradini cura e promozione Marco Burchini produzione Tir Danza con il sostegno di Citofonare PimOff, HOME Centro Creazione Coreografica 2023/Perugia progetto residenze di Dance Gallery, Sosta Palmizi, Cross Project, Anghiari Dance Hub, Teatro della Contraddizione, Scintille - Festival delle Arti Performative, ArtGarage, Armunia|Festival Inequilibrio selezionato alla NID Platform 2024 nella sezione Open Studios
Parolechiave: crisi sguardo vedere cecità consapevolezza
Produzione: TIR DANZA
Anno di produzione: 2025
Genere: Danza Performance
Sembra che l’essere umano abbia bisogno di trovarsi in uno stato di emergenza per agire e che riesca a contemplare l’esistenza del cambiamento solo quando è inevitabile, dove non c’è più nulla a proteggerlo e si deve spogliare da ogni certezza. Fino ad allora l’unica opzione è sopravvivere come si può. Ignorando, dimenticando, procedendo in un tragitto che ha come unico centro d’interesse il proprio ego, in una cecità, più o meno consapevole dell’Altro che mi sta attorno.
In scena due corpi, due traiettorie che segnano il confine di uno spazio liminale, un corridoio che avanza in perenne confronto con lo sguardo di chi osserva. Una traiettoria ripetitiva che basa il suo “andare avanti” sulla performatività del mostrarsi, del farsi guardare, obbligando il corpo a esporsi sempre di più, fino a superare il limite fisico dell’umano. Presto questa tensione totalizzante verso l’esterno sfilaccerà i confini dell’identità, obbligando chi si mostra a fare i conti con questa disgregazione, con questa crisi dell’Io e dell’ego.
In questa bulimia dell’immagine, in questo culto dell’individualismo, lo sguardo dei performer si annienta, sprofondando in una cecità corporea ed esistenziale. Sarà necessaria una ricollocazione dello sguardo e di se stessi, del significato del proprio corpo e dello spazio che si occupa per potersi ricongiungere con la dimensione umana e collettiva dell’accogliersi, del muoversi insieme nel mondo.
I due performer, rappresentanti di una collettività rinchiusa in una monade di schemi, muri e protezioni, incontrano l’alterità e dunque se stessi fino a toccarsi, attraversando insieme una crisi condivisa. Cosa significa rendere il corpo vulnerabile davanti allo sguardo altrui? Come farsi o non farsi vedere, nello scoprire la propria fragilità davanti al reale?
Il suono accompagna la disgregazione e il ricollocamento dei corpi e nel suo incedere ritmico e incessante si trasforma in canto che fa da cornice al ricongiungimento dei performer.
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